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58 il volta alpinista

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alessandro Volta, alpinista.djvu{{padleft:64|3|0]] anni percorreva le Alpi in ogni direzione e s’apprestava a domarne il culmine sovrano, quell’incontro rappresenta per me uno dei momenti più memorabili nella storia dell’alpinismo.

A Ginevra il Volta conobbe un altro geologo ed alpinista: Giovanni Andrea De Luc, tipo ben diverso dal De Saussure, geologo del vecchio stampo, amante più delle elucubrazioni filosofiche che delle osservazioni rigorose, pieno di idee preconcette, critico parzialissimo al servizio dei dogmi religiosi. Questi difetti sono evidenti ne’ suoi ultimi scritti: però all’epoca di cui si parla egli godeva buona riputazione scientifica, ed il Volta stesso lo teneva in considerazione, per la sua opera sulle Modificazioni dell’atmosfera. Anche dal lato alpinistico non si possono negare al De Luc benemerenze grandissime: nelle sue opere brillano qua e là splendide pagine, dove la montagna è considerata ne’ suoi pregi estetici e morali, con novità di vedute e venustà di trattazione. Le sue Lettere sulle montagne, non che alla scienza della terra, appartengono alla letteratura dei monti, e se non hanno gran fatto contribuito ai progressi della geologia alpina, hanno certamente favorito il cammino dell’idea alpinistica, e divulgata quella nobile passione dell’alto, che già l’autore dell’Emilio e della Nuova Eloisa aveva additata come balsamo della vita. Tanto poi il De Saussure quanto il De Luc possedevano abbondanti collezioni di pietre e di fossili, ed il Volta attentamente le esaminò, segnando sul suo taccuino gli oggetti che più lo colpirono. E dopo queste indicazioni mineralogiche troviamo nello stesso giornale un cenno della visita da lui fatta al Voltaire l’ultima sera che restò a Ginevra[1].

Il 14 ottobre partì per la Savoia, e toccando Remilly ed Aix-les-Bains, giunse il giorno dopo a Chambéry, donde proseguì per Montmélian, Mal-Taverne, Aiguebelle[2], Esperres, Chambre,

  1. Il Volta andò col Giovio a trovare il gran filosofo. Questi si fece attendere: frattanto si fermarono a conversare con sua nipote Madama Denis, la quale, per scusare lo zio, disse fra l’altro: Mon oncle fait ses pâques. Finalmente il Voltaire, pomposamente annunciato e preceduto da due cavalieri di San Luigi, comparve. Era d’umor gaio e si trattenne quasi due ore coi visitatori a discorrere di svariati argomenti, e specialmente di lettere italiane e d’arti. Di quel colloquio il Volta serbò vivissima impressione e ne parlava fin negli anni più tardi. A proposito di un volumetto di poesie del Giovio, disse a questi il Voltaire: Vous avez fait, Monsieur, comme le roi de Sardaigne, dont vous allez voir les états: il a commencé par n’être que Duc de Savoie, alludendo con ciò ad un sonetto devoto con cui cominciava il libro.
  2. Da questo paese savoiardo il Volta portò in Lombardia vari tuberi di eccellenti patate, che poi fece coltivare a Camnago e a Lazzate, eccitando i compaesani a fare altrettanto. Non è esatto quanto affermarono alcuni biografi, e cioè che il Volta avesse pel primo introdotto le patate in Lombardia; egli non fece che diffonderne la coltura come ottimo alimento per le classi povere
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