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di vittorio alfieri 93

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Un bambolone di quattr’anni appena,
Tai[1] smisurate gigantesche ha l’osse.
D’ogni cibo a costui parte strapiena:142
E beva, e mangi, e ben quadrato cresca;
Ch’ei pagherà poscia in sudor[2] l’avena.
A Favorito anco è mestier molt’esca:145
Questi è solo, e il calesse è il carro suo;
Bench’io tal volta ai maggior quattro il mesca.[3]
Son Gentile ed Ardente un solo in duo:148
Sí ben fattini ed appaiati sono,
Che dirian duo padroni: È il mio o il tuo?
A Gentile finora io ben perdono,151
Ch’ei pur talvolta del tirar fa niego:[4]
Non è malizia; e a giovinezza il dono.[5]
Ai pié d’Ardente assai badar ti prego,154
Ch’ei davanti non ha l’ugna ben salda.
Ponvi dentro, s’ei duolsi, aceto e sego.
Ecco l’ultima coppia, e la piú calda;157
Sincero e Dolcil, cui la bianca striscia
Segna la faccia amabilmente balda.
Vorrei tornasse a Docile ben liscia160
La gamba ov’ebbe mal sí crudo e lungo:
Vedestil tu com’ora al carro ei sguiscia?[6]
Guarito è omai: ma, quasi mezzo un fungo,163
Un callucciaccio[7] gli riman sul nerbo:
Se non cresce, si lasci infin ch’io giungo;
Ché a provarci l’unguento mi riserbo:166
Ma, se la gamba umor novello insacca,
Si rifaccia quel bagno al naso acerbo.[8]
Zolfo, allume, ed orina ma di vacca:169
Giannin, già cuoco, il fa; ch’or di cucina,
Mercé i cavalli, non ne sa piú un’acca.
Ecco, dell’una e mezza mia decina172
Ti ho detto a parte a parte ogni magagna,
E data, com’io so, la medicina.
Se il Bianchi od altro nostro ti accompagna[9]175


  1. 141. Tai, tanto.
  2. 144. In sudor, col lavorare, con l’affaticarsi.
  3. 147. Il mesca, lo unisca.
  4. 152. Non vuol saperne di tirare il calesse.
  5. 153. Il dono, lo ascrivo.
  6. 162. Sguisciare si dice proprio delle anguille che sfuggono di mano; qui vuol dire corre, vola: il Mannuzzi cita un esempio del Salvini: «Le sfirene.... tutte colle membra sdrucciolevoli scapdando sguisciando».
  7. 164. Un callucciaccio: forma insieme di diminutivo e dispregiativo, comune in Toscana: cosí si dice librucciaccio ragazzettucciaccio etc.
  8. 168. L’acerbo è da riferirsi al bagno.
  9. 175. Mario Bianchi, di cui si è parlato nel sonetto: Due Gori, un Bian-
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