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di vittorio alfieri 109

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CV [cxlii].[1]

Letizia di Achille perché sta per rivedere la Contessa.

Achille mio, perché con guizzi tanti,[2]
Baldo e festoso intorno a me saltelli;
E con que’ tuoi pietosi allegri pianti,
4 Lagrime a me di gioja anco disvelli?[3]
Forse il sai tu, che verso gli occhi belli,
D’amore a un tempo e di virtú raggianti,
Or ci affrettiamo noi, quai volan snelli
8 Per l’aure augei di loro spose amanti?[4]
Ah! sí; tu il sai: la già calcata via,
Ha dieci lune;[5] il non posar noi mai;
11 E l’insolita in me nuova allegria;
Tutto a te il dice; e ne sei certo omai.
Quindi or tua lingua dire a me vorria:
14 La donna nostra infra otto dí vedrai.

CVI [cxliii].[6]

Vizi e virtú degli Italiani.

Ai Fiorentini il pregio del bel dire;[7]
Ai Romaneschi quel di male oprare;
Napoletani mastri in schiamazzare;
4 E i Genovesi di fame patire.[8]


  1. Partita la Contessa da Bologna e trattenutasi a Parigi, dove aveva interessi e parenti, sino all’agosto dell’85, ritornò poscia a Colmar, in quel castello di Martinsbourg, nel quale era stata l’anno avanti. Ai primi di settembre l’A. si mise in cammino per raggiungerla, conducendo seco, com’egli stesso si esprime (Aut.. IV, 16°), «tutta la sua cavalleria». Il dí 6, fra Boscolungo e Pieve Pelago, compose il surriferito sonetto.
  2. 1. Si ricordi che Achille era stato regalato al Poeta dalla Contessa.
  3. 4. Disvelli, strappi.
  4. 7-8. E, in altri termini, il paragone dantesco (Inf., V, 82):
    Quali colombe dal desio chiamate....
  5. 10. Ha dieci lune, dieci mesi or sono.
  6. Nel ms.: «7 settembre, tra Novi e San Benedetto». Infiniti i nomi di scherno con i quali gli abitanti di una città o di una provincia italiana distinsero per lungo tempo quelli di un’altra città o di un’altra provincia e varrebbe la pena che qualcuno li raccogliesse, come testimonianza di tempi che ci anguriamo trascorsi per sempre; colui che si accingerà a questo lavoro dovrà anche tener conto di quello che sparsamente il Manzoni scrisse a tal proposito ne’ Promessi sposi e in alcuna delle poesie.
  7. 1. Sovente nell’Autobiografia dell’A., è esaltato il bel parlare dei Fiorentini: di questo Canzoniere veggansi i sonetti Italia, o tu che nulla in te comprendi, Deh! che non è tutta Toscana il mondo, e L’idioma gentil sonante e puro.
  8. 4. Già, commentando il son. Nobil
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