Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
di vittorio alfieri | 145 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfieri - Rime scelte, Sansoni, 1912.djvu{{padleft:173|3|0]]
Freddo immobile sasso inutil rende.
Sacra Diva, che il vile empio di corte[1]
D’un guardo annulli, e il cittadino allumi
Di fiamma tal che ai Numi
11 Si estima ei pari; ad affrontar la morte
Per la patria verace, o Dea, tu traggi,
Tu sola, a sparger di lor sangue fiumi,
Le magnanime Guardie; in cui tuoi raggi
Tanto penétri addentro,
16 Che non piú guardie del comun nemico
Ma di Parigi al centro
Franche Guardie si fanno al Franco amico.[2]
III.
Invisibil cosí pendea sospesa
E su le umíli e su le eccelse teste[3]
Con la rovente spada
L’Angel di morte, anch’ei d’orror compreso.
Dato è il segnal: la cortigiana peste[4]
6 Fa sí che in bando vada
L’uom che sol regge or dello Stato al peso;
L’uom che libero nato in strania terra,
Servo in Gallia ed in corte a far si venne
Sol per tôr la bipenne[5]
- ↑ 8. Il vile empio di corte, il cortigiano.
- ↑ 14-18. Erano a Parigi le Guardie francesi, truppe scelte, destinate a tutelare a vicenda la persona del Re, che si trovava a Versailles; costoro, malcontente della troppo severa disciplina, si erano accostate alla parte popolare; onde alcune furono tratte in arresto e chiuse nell’Abbazia; il 30 giugno il popolo insorse, strappò le guardie dal luogo dove si trovavano e le portò in trionfo. Il Re, comprendendo che non era opportuno eccitare vie maggiormente gli animi, perdonò a tutti e fece sostituire altre guardie a quelle che erano state allontanate.
- ↑ III. 2. Sovra il popolo e sovra i patrizi.
- ↑ 5. La cortigiana peste, i cortigiani in genere.
- ↑ 7-13. L’11 luglio il ministro Giacomo Necker (nato a Ginevra nel 1732), che piú volte aveva dichiarato al Re di essere pronto a ritirarsi, se i suoi servigi non fossero piú stati graditi, ricevé un biglietto col quale Luigi XVI accettava le sue dimissioni, gli ingiungeva di allontanarsi e di tener celata ad ognuno la sua partenza. Il Necker ubbidí agli ordini ricevuti e in poche ore fu lungi da Versailles; ma il popolo veglia, sospetta da prima, ha poi la certezza che il ministro è stato licenziato, che lo hanno sostituito uomini devoti alla causa aristocratica, ascolta, plaudendo, le concitate parole di Camillo Desmoulins, s’impadronisce dei busti del Necker e del Duca d’Orléans, minacciato, si diceva, d’esilio, e si spande per le vie di Parigi. In piazza Vendôme incontra un drappello di soldati tedeschi che fanno fuoco ed uccidono una guardia francese. I compagni di essa tirano alla lor volta sui soldati mercenari frateruizzando in tal modo col popolo. I combattimenti continuano e si giunge, fra il tumulto e la strage, alla mattina del 14 luglio. — La bipenne, la scure.
- ↑ ne consegnò il capo ad Atena che lo pose sul proprio scudo per ispaventare i nemici.
Alfieri, Rime varie. | 10 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Alfieri - Rime scelte, Sansoni, 1912.djvu{{padleft:173|3|0]]