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di vittorio alfieri 201

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Parmi veder; che acuti occhi raggianti
Vibri in me, sprone a onnipossenti canti.

Antistrofe III.

Né il dardeggiar dell’aquilino sguardo
Basta: vi aggiunge altro ammirabil mostro,[1]
L’articolata voce
Che intento io bevo[2] dal divin suo rostro.
«Dell’arte tua sublime ond’io tutt’ardo
6 «L’immaginar veloce,
«Appo il quale il mio fulmine par tardo,
«Già in un attimo solo ha in sé compreso
«L’È stato, l’È, ed il Fia:
«Quindi hai l’oracol pienamente inteso,[3]
11 «L’una accoppiando all’altra gloria mia;
«D’aspro coraggio le indomabili arti;
«E d’acuto intelletto i maschi parti.»

Epodo III.

«Carmi v’ha che fien l’organo[4]
«Di pura e sacra libertà; che impera
«Vili[5] del par si scorgano
«E gli Spartachi e i Cesari,[6] perch’almi
«Catoni[7] un dí risorgano.
6 «Regenerar Roma seconda e vera,
«Se gl’infiammati salmi
«Pria nol potran di un libero Tirtéo,
«L’aste forse il potran di armati servi?[8]
«O il conciliabol reo
11 «D’altri inetti piú ancor schiavi protervi?


  1. 2. Mostro, miracolo, come in latino.
  2. 4. Bevo, ascolto con profonda attenzione; anche il Parini:
    D’Eàcide la prole
    Bevea queste parole.
  3. 5-10. Intendasi: la tua immaginazione tanto veloce che, a paragone di essa par lento il mio fulmine, ha chiaramente compreso il valore che la tua opera poetica ha di fronte al passato, nel presente e al cospetto dell’avvenire... — L’È stato, l’È, ed il Fia, van considerati come tre sostantivi; nella satira L’antireligioneria:
    D’infamia quindi il meritato acquisto
    Ai recisori vien d’ogni pia Fede
    Che il Sarà nell’È stato non han visto.
  4. 1. L’organo, il mezzo.
  5. 2-3. Impera vili, bisogna sottintendere la congiunzione che.
  6. 4. E gli Spartachi e i Cesari, e la bassa plebe e i potenti.
  7. 5. Catoni, personaggi forniti di vera e soda virtú.
  8. 6-9. Se l’Italia non potrà essere rigenerata prima per opera di un grande Poeta, lo potrà forse fare l’infima plebe armata?
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