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di vittorio alfieri 217

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Epigramma VIII.[1]

28 marzo 1793.

XIV.   Διὰ τὸ πλείους εἶναι τοὺς καχέκτας, τῶν εὐπόρων.


Polibio, lib. 22, cap. 2.


Dall’essere i rompicolli piú assai, che non gli assestati.


Tutto fanno, e nulla sanno;
Tutto sanno, e nulla fanno:
Gira, volta, e’ son Francesi;
Piú li pesi:
Men ti danno.

Sonetto XXVI.

18 luglio 1794.

XVI.   Χρὴ δὲ σιγᾷν, μὴ μόνον τῇ γλώττῃ, πολὺ δὲ μᾶλλον τῇ ψυχῇ.


Polibio, lib. IX, cap. 18.


Ed è forza il tacersi, non pur con la lingua, ma vieppiú assai con l’animo


La militar tirannide Romana
Ch’oltre ogni Re fa i Cesari nefandi,[2]
E quella dei Decemviri esecrandi,
4 Cui seppe il fier Virginio alfin far vana;[3]
E la pretesca nostra Itala, e Ispana,
Dei mostri inquisitori abominandi;[4]


  1. È uno de’ piú noti epigranmmi dell’A., e divenuto quasi proverbiale; non mi pare che abbia bisogno di alcuno schiarimento per essere inteso.
  2. 1-2. Allude l’A. a quel tumultoso periodo, in cui gli Imperatori erano prima eletti, poi spodestati od uccisi dai Pretoriani, periodo che va da Elvio Pertinace (193 d. C.) a Carino (285 d. C.).
  3. 3-4. I Decemviri furono eletti perché ponessero in iscritto le leggi fino a quel tempo semplicemente orali, e la loro potenza ebbe termine col sacrificio della bella Virginia.
  4. 5-6. Nostra, si sottintende tirannide; nel Filippo l’A. coraggiosamente colpí l’opera della Inquisizione, e sdegnose parole scrisse contro di essa nel cap. 8° del l. I, della Tirannide: «La inquisizione, quel tribunale sí iniquo, di cui basta il nome per far raccapricciare d’orrore, sussiste pur tuttavia piú o meno potente in quasi tutti i paesi cattolici. Il tiranno se ne prevale a piacer suo; ed allarga, o ristringe la inquisitoria autorità, secondo che meglio a lui giova. Ma, questa autorità dei preti e dei frati, (vale a dire della classe la piú crudele, la piú sciolta da ogni legame sociale, ma la piú co-
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