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222 dal «misogallo»

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Spinge a stimarsi, con dileggio espresso
8 D’ogni altro; a ogni altro quegli inver soggiace.
In tai due estremi, due vicine genti
Stanno, gl’Itali, e i Galli: ambo son poco;
11 Nulla quei, tutto questi[1] in sé veggenti.
Pur ridestarsi può divino fuoco
In quelle, ov’arse un dí, robuste menti;
14 Non mai destarsi, ove impudenza è giuoco.[2]

Epigramma XVIII.

27 febbraio 1795.

Imberrettando le fittizie teste[3]
Di un rosso cencio, è ver, Galli miei buoni,
3 Che parer liberi uomini credeste?
Arlecchin crede anch’ei, che si traveste,
Benché pur mostri ognor dappié i calzoni.
6 Nol crediate, che il giunger creste a creste
Vi possa, o Galli, far parer leoni.[4]

Epigramma XX.

17 marzo 1795.

Molto oprar, poco dir, nulla vantarsi,
Base son di chi vuol libero farsi.
Ma i Galli, a cui ne’ piedi sta il cervello,
4 Tardetti al fare, e presti[5] a insuperbirsi,
Fan base il capitello,[6]
Paghi appien dell’osar liberi dirsi.


  1. 11. Quei, gli Italiani, questi i Francesi.
  2. 14. Ove impudenza è giuoco; forse, dove si giuoca d’impudenza, dove al mancante valore reale si cerca supplire con la sfacciataggine.
  3. 1. Imberrettando, coprendo del berretto frigio. — Fittizie son dette le teste dei Francesi perché ci sono solo materialmente, ma prive del contenuto.
  4. 7. È il solito scherzo sul doppio significato della parola Galli.
  5. 4. Presti, pronti.
  6. 5. Cominciano là ove dovrebbero finire; non hanno ancòra principiato ad essere liberi, e già se ne vantano, quasi la Libertà ormai fosse appieno conquistata da essi.
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