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262 dalle «satire»

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156 Ma non piú tempo che la palla al balzo.[1]
Tutte son tese le mie ardenti voglie
A veder la gran gelida Metropoli,
159 Jer l’altro eretta in su le Sueche spoglie.[2]
Già incomincio a trovar barbuti popoli:
Ma l’arenoso piano paludoso
162 Mi annunzia un borgo, a non Costantinopoli.
Giungo: e in fatti, un simmetrico nojoso
Di sperticate strade e nane case,
165 S’Europa od Asia sia mi fa dubbioso.[3]
Presto mi avveggo io poi, che non men rase,
Di orgoglio no, ma di valor verace[4]
168 Le piante son di quell’infetto vase.[5]
Ogni esotico[6] innesto a me dispiace:
Ma il Gallizzato Tartaro[7] è un miscuglio,
171 Che i Galli quasi ribramar mi face.
Mi basta il saggio di un tal guazzabuglio:
Non vo’ veder piú Mosca né Astracano:
174 Ben si sa che v’è il Bue, dov’odi il muglio.[8]
Né vo’ veder Costei che il brando ha in mano,
Di sé, d’altrui, di tutto Autocratrice,
177 E spuria erede d’un poter insano:
Di epistole al Voltèro anch’essa autrice
E del gran Russo Codice, che scritto
180 Fia in sei parole: «S’ei ti giova, ei lice».[9]
Indiademato[10] abbellisi il delitto,
Quant’ei piú sa, dei loschi e tristi al guardo:


  1. 156. Cioè, per breve tempo.
  2. 158. La gran gelida Metropoli, Pietroburgo. — Ier l’altro etc.; l’A. allude alle perdite fatte dalla Svezia (lat. Suecia) sotto il regno di Ulrica-Eleonora, che, con la pace di Nystad (1721), cedette alla Russia la Livonia, l’Estonia, l’Ingria e la Carelia, e nel 1743 una parte della Filandia.
  3. 163-165. Analogamente nell’Aut. (II, 9°). — Simmetrico, in questo caso è nome; simmetria.
  4. 166-67. ... rase Di orgoglio no, ma di valor verace; espressione che richiama quella di Dante altrove cit.:
    ... le ciglia avea rase
    D’ogni baldanza...
  5. 168. Vase, vaso.
  6. 169. Esotico, forestiero.
  7. 170. Tartaro, Russo.
  8. 174. In altri termini, vista Pietroburgo, è facile formarsi un’idea di tutta la Russia.
  9. 175-80. L’imperatrice di cui parla l’A. in questi versi è Caterina II, che aveva sposato nel 1745 Pietro, Duca di Holstein Gottorp, nipote e successore designato dell’Imperatrice Elisabetta di Russia. Salita al trono, cospirò con uno de’ suoi favoriti contro il suo sposo e lo fece uccidere nel 1762. Magnificamente l’A. bolla nell’Autobiografia questa imperatrice, col rievocare per lei il nome di Clitemnestra, a cui aggiunge l’ironico filosofessa, perché ostentò principi liberali e fu in corrispondenza con tutti gli illuminati del tempo suo. — S’ei ti giova ei lice, parole che ravvicinano alla Semiramide dantesca (Inf., V.), quella sovrana che era comunemente chiamata la Semiramide del nord.
  10. 181. — Indiademato, ornato della corona di re.
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