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266 dalle «satire»

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Assaporando in regïon sí vasta
270 Sempre beato cielo e inferne[1] strade.
Alle Colonne d’Ercole mi basta
Giunto esser pure. Io retrocedo, e tutta
273 Quant’ampia è Spagna al mio tornar contrasta.
Affronto allor quella spiacente lutta,[2]
Della ostinata pazïenza al fonte
276 Bevendo sí, che nulla or mi ributta.
Già la Moresca Cordova ho da fronte:[3]
Poi del terrestre suo bel paradiso
279 Mi fa Valenza le delizie conte.[4]
Poi per Tortosa, là dond’io diviso[5]
Di Barcellona uscii se’ mesi innanzi,
282 Torno; e dal patrio amor ho il cor conquiso.[6]
Spiacemi sol che a transitar mi avanzi
La Gallia ancor cui sempre ha l’uom fra’ piedi:
285 Ingojamcela dunque, insin ch’io stanzi.[7]
Narbona e Monpélier, se tu vuoi, vedi:
Io per me chiudo gli occhi, e corro; e al lido
288 Scendo, da cui vedrò l’Itale sedi.
Già mi saetta Antíbo in ver l’infido
Ligure, a sazietà visto e rivisto,
291 Dond’io mi spicco verso il patrio nido:
Ch’io men l’ho a schifo, da che pur men tristo
Al par[8] dei Paesoni e Paesotti
294 Mel fa di esperïenza il duro acquisto.
Dal corso trïennal nojati, e rotti
Ripatriammo al fin, volente Iddio,
297 Dell’Europa quant’è[9] chiariti e dotti
Del pari, e il Legno, e il Ser Baule, ed Io.[10]


  1. 270. Inferne, infernali.
  2. 274. Lutta sta per lotta.
  3. 277. Da fronte, piú comunemente: di fronte.
  4. 279. Conte, cognite, conosciute.
  5. 280. Diviso, partito.
  6. 282. Conquiso, preso, traboccante.
  7. 285. Io stanzi, io mi fermi.
  8. 293. Al par, significa in paragone, in confronto.
  9. 297. Quant’è, in lungo e in largo.
  10. 298. Ignorante, vuol dire l’A., piú di quando era partito: e ciò non è vero: qualche cosa, durante il viaggio, aveva letto, da un certo amore della poesia si era, anche per un momento, sentito accendere; era la prima scintilla: un giorno, sarebbe divampata la fiamma.
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