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di scrivere nella propria lingua | 331 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Algarotti - Opere scelte 1.djvu{{padleft:349|3|0]]immaginosa, armonica; disinvolta e gentile la francese; così questa come quella prende quasi l’impronta delle nazioni che in esse si esprimono. Gli Spagnuoli, signori di tanto mondo, parlano un linguaggio tutto sostenutezza e gravità. Gl’inglesi hanno moltissime forme di dire tolte dal commercio, dal bel mezzo delle scienze, e singolarmente dalla nautica tanto da essi coltivata. E quella loro lingua egualmente libera, che coloro che in essa parlamentano, soffre meno che qualunque altra la briglia dei fastidiosi grammatici.
Ora perché altri fosse atto a scrivere acconciamente in uno idioma non suo, converrebbe egli fosse un altro Proteo, atto a vestire qualunque più strana forma dipendente da un governo, da un clima, da un sistema di cose, nel quale non è altrimenti nato, e a svestire del tutto la propria sua e natural forma, che vuol pur vincere ad ogni istante, per quanto un faccia, e mostrarsi al di fuori. Come di cosa oltremodo singolare e mirabile si parla tuttavia di quel Greco il quale poteva cogli Ateniesi gareggiare di finezza d’ingegno, di austerità di maniere cogli Spartani, e quasi scordarsi tra gli Asiatici di esser nato in Europa, che sapeva divenir cittadino di ogni paese. Ennio per possedere tre lingue diceva di avere tre cuori [1]. Diis geniti potuere.