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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Algarotti - Opere scelte 1.djvu{{padleft:398|3|0]]lo fa sì, che ne’ nostri versi, anche senza la rima, senza quella magia di orecchio, le fattezza si ravvisino del poeta, Anzi alcuni l’avrebbero voluta sbandire intieramente da’ versi italiani, dicendo ch’ella è cosa violenta e stomachevole: e non per altra ragione il maggior nostro poeta inventò le terzine, che per nascondere quanto più poteva essa rima; che in assai maggior numero sono i mali che i beni, ond’essa è madre: e mettono in cielo il Trissino, il quale primo fra tutti ne mostrò l’esempio di poterne far senza, e bravamente a purgar ne venne la nostra poesía[1].
Certa cosa è, che secondo che le nazioni[2]
- ↑ Gravina, nella Ragione poetica lib. II, art. 2 e art. 17.
- ↑ a été de conserver la précision, la noblesse et la briéveté de l’original, autant que me l’a permis mon peu de talent, pour lutter contre un écrivain tel que Tacite, et le foible secours d’une langue aussi difficile à manier que la notre, aussi ingrate, aussi trainante et aussi sujette aux equivoques.
De toutes les langues cultivées par les gens de lettres l’italienne est la plus variée, la plus flexible, la plus susceptible des formes différentes qu’on vent lui donner. Aussi n’est-elle pas moins riche en bonnes traductions qu’en excellente musique vocale, qui n’est elle même qu’une espéce de traduction. Notre langue au contraire est la plus sévère de toutes dans ses lois, la plus uniforme dans sa construction, la plus gênée dans sa marche. Faut-il s’étonner qu’elle soit l’écueil des traducteurs, comme elle est celui des poétes?
M. d’Alembert — Mélanges de litterature,
T. III; Observations sur l’art de traduire.
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