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Dee adunque conchiudersi che ll misura de’ nostri versi sia dterminata non dalla quantità, o sia dal ritmo, ma dal numero delle sillabe e dalla posizione degli accenti. Ora, quantunque grato all’orecchio, mercè di simili artifizj, riesca il suono de’ nostri piccioli versi, non si può per conto niuno mettere in confronto con la regolata musica che dalla quantità risultava delle sillabe, e dalla combinazion varia de’ piedi usati negli asclepiadei, nei gliconj, negli adonj e in altri simili metri degli antichi: tanto più che la cesura de’ piccioli versi dee precisamente cadere in un dato luogo, e non può generare per sè diversità alcuna di suono. Tutto ciò conviene ingenuamente confessare, per rendere al vero quell’omaggio che se gli deve; lasciando a quel bravo gentiluomo di S. Evremont il francamente asserire, come le lingue moderne nulla hanno da invidiare alle antiche; e segnatamente che i versi francesi sono più armoniosi dei latini[1].
Un’altra sorgente di diletto nella nostra lingua, e sopra tutto nella nostra versificazione, è il non esserer noi astretti nella dizione a seguir passo passo l’ordine grammaticale, e il potere con bel disordine traspor le parole. Di tal privilegio che fa il pellegrino della
- ↑ Notre langue est plus majestueuse que la latine, et les vers plus harmonieux, si je puis me servir de ce terme.
- Dans une lettre à M. le comte de Lionne.