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;AMLETO.: Benissimo, signore; vostra grazia ha voluto tenere dal lato più debole.
- RE.
- Nutro migliore speranza; vi ho veduto entrambi, ma dacché egli si è perfezionato avremo il sopravvento.[1]
- LAERTE.
- Questo è troppo pesante, datemene un altro.
- AMLETO.
- Questo mi va. Sono tutti di egual lunghezza questi fioretti? (Si preparano a schermire.)
- OSRICO.
- Si, mio buon principe.
- RE.
- Ponete i vasi del vino sopra la tavola. Se Amleto vibra il primo o il secondo colpo, o se ribatte il terzo, il fuoco dell’artiglieria saluti la sua vittoria. Il re berà alla bella salute di Amleto, e tufferà nella tazza una perla di maggior pregio di quelle che portate furono da quattro re successivi nella corona della Danimarca. Si rechino le coppe, ola! e i timballi annunzino alle trombe, e le trombe ai cannoni, i cannoni al cielo e il cielo alla terra che il re beve alla salute di Amleto. — Ora incominciate, e voi giudici tenete su di essi un occhio attento,
- AMLETO.
- Andiamo, signore.
- LAERTE.
- Andiamo. (Schermiscono.)
- AMLETO.
- Una.
- LAERTE.
- No.
- AMLETO.: Si giudichi.
- OSRICO.
- Si, il colpo fu visibile.
- LAERTE.
- Bene..., da capo.
- RE.
- Aspettate, porgetemi da bere; Amleto, questa perla è tua. Bevo alla tua salute. Dategli una tazza. (Squillo di trombe e colpi di cannone.)
- AMLETO.
- Vuo’ fare prima un nuovo assalto: deponete per un momento la tazza. — Venite.... Un altro colpo; che ne dite?
- LAERTE.
- Toccato, toccato lo confesso.
- RE.
- Nostro figlio vincerà.
- REGINA.
- Egli è debole,[2] e il fiato gli manca. Prendi, Amleto, prendi la mia pezzuola, asciugati la fronte; la regina beve alla tua fortuna, Amleto.
- AMLETO.
- Ve ne ringrazio, signora.
- RE.
- Gertrude, non bere.
- REGINA.
- Vuò farlo, signore; ve ne prego, perdonatemi
- RE.
- (A parte.) È la tazza avvelenata, ma è troppo tardi.
- AMLETO.
- Non oso ancora di bere, signora; lo farò fra poco.
- REGINA.
- Vieni, ch’io ti deterga la fronte.
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