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atto quinto 101

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;AMLETO.: Il Cielo ti perdoni! Ti seguirò. Io muojo, Orazio... Addio, sfortunata regina... Voi che pallidi e tremanti contemplate questi fatti, che assistete spettatori muti, ad un tal dramma, oh se ne avessi il tempo, se la morte meno inflessibile mi concedesse un istante di tregua,[1] vi direi... ma sia cosi... Orazio, io muojo... Tu vivi per parlare di me e discolparmi nella memoria degli uomini.
ORAZIO.
Nol crediate, in me è più del Romano antico che del Danese, e un po’ di questo liquore rimane.
AMLETO.
Se sei uomo, dammi quella tazza; lasciala; pel Cielo, l’avrò. Oh, buon Orazio, rimanendo le cose occulte, qual nome disonorato non lascerei io dietro di me? Se mai mi amasti, astienti per un tratto dalla felicita[2] e rassegnati a menar penosamente la vita in questo tristo mondo per narrare la mia storia. (Marcia lontana e scarica di moschetti.) Che strepito guerriero è questo?
OSRICO.
È il giovine Fortebraccio che tornato vincitore dalla Polonia, saluta con questi suoni l’arrivo degli ambasciatori d’Inghilterra.
AMLETO
. Oh, io muojo, Orazio: il potente veleno vince tutte le mie facoltà, nè tanta vita pur mi rimane da poter udire le nuove d’Inghilterra... ma prevedo che l’elezione cadrà su Fortebraccio... egli ha il mio voto moribondo... diglielo, e raccontagli come a tal fine io venissi... Il resto è silenzio. (Muore.)
ORAZIO.
Ora si spezza un nobile cuore... Addio, amato principe, i cori degli angeli t’invitino al tuo riposo!.. (Marcia al di dentro.) Perché vengono qui costoro?[3]


Entra Fortebraccio cogli Ambasciatori inglesi ed altri.

FORTEBRACCIO.
Dov’è? Ch’io lo vegga.
ORAZIO.
Che volete vedere? Se cose di lutto o di stupore, cessate dalla ricerca.
FORTEBRACCIO.
Orrenda strage. — Oh morte superba! Qual banchetto apparecchi tu dunque nella tua eterna caverna che hai così con un colpo solo spento tanti principi?
PRIMO AMBASCIATORE.
Questa vista è atroce, e i dispacci che rechiamo d’Inghilterra giungono troppo tardi; chiuse sono le orecchie di colui a cui venivamo ad an-
  1. «Se la morte spietato sergente, non fosse così esatta nell’adempiere ai suoi mandati» ecc.
  2. Di morire, sottinteso.
  3. «Perchè viene qui questo tambure?»
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