< Pagina:Amleto (Rusconi).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

atto primo. 27

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Amleto (Rusconi).djvu{{padleft:28|3|0]]

letto divino, e sfogherebbe i suoi più turpi appetiti. — Ma sta e’ parmi sentir l’aria del mattino; precipito il racconto. — Addormentato nel mio giardino, secondo il costume che ne avevo, nelle ore meridiane, giovandosi della mia sicurezza, tuo zio venne furtivo presso di me con una fiala di iosciamo,[1] ch’ei mi versò in un orecchio. Quel liquore fatale è così nemico dell’uomo, che, rapido come il mercurio, invade tutti i canali del corpo, e fa ristagnare il sangue più puro come una goccia d’acido nel latte. Questo avvenne per me, che da una lebbra istantanea mi trovai avvolto, e vidi coprirsi la mia fina pelle di una squama fetida ed infetta. Cosi dormendo, mi fu tolto dalla mano di un fratello la vita, la sposa o la corona; così fui ucciso in mezzo ai miei peccati, senza apparecchi, senza gli ultimi conforti della religione, senza aver dato assetto ai conti della mia coscienza, e fui costretto a comparire davanti al mio Giudice carico di tutto il peso delle mie infermità. Oh orribile! orribile! orribile! se è in te un po’ di cuore, non sopportarlo; non tollerare che il real letto di Danimarca sia fatto segno di lussuria e di un infame incesto. Ma comunque tu adoperi per vendicarmi, serba intera la mente e non macchinar nulla contro tua madre; lei lascia al Cielo e a quei rimorsi che già le straziano il petto. Addio. Il verme lucente, il cui fuoco inoffensivo[2] comincia a impallidire, annunzia l’appressarsi del dì. Addio, addio, Amleto! ricòrdati di me. (Esce.)
AMLETO.
Oh voi tutte coorti del Cielo! Oh terra! Chi accoppierò vosco? L’inferno?... Oh infamia!... Frènati, mio cuore; e voi, muscoli del mio corpo, non invecchiate subitamente e reggete le mie forze! — Ricordarti? Sì, sventurata anima, finchè la memoria durerà in questo abbominevole mondo. Ricordarti? Sì, dalle tavole del mio pensiero sbandirò tutte le frivole memorie dell’amore, tutti i precetti dei libri, tutti i vestigi, tutte le impressioni del passato, incise in esse dalla gioventù e dall’osservazione, e il tuo comando vi si scolpirà solo, senza mistura di cose minori: sì, sì, pel Cielo! Oh fatalissima donna! Oh scellerato, scellerato ipocrita! infame scellerato... Il mio portafogli, il mio portafogli.... è bene ch’io vi noti che un uomo può sorridere e sorridere, ed essere uno scellerato (scrivendo); almeno son sicuro che questo può avverarsi in Danimarca.
  1. Hebenon, hyoscyamus niger, giusquiamo considerato come un veleno potentissimo ai tempi di Shakspeare.
  2. Senza calore.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.