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atto quarto. 75

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Rientra Orazio con Ofelia.

OFELIA.
Dov’è la bella regina di Danimarca?
REGINA.
Ebbene, Ofelia?
OFELIA.
(canta). «Come posso io distinguere il vostro vero amore da un altro? Dal suo cappello ornato di conchiglie, da’ suoi sandali, dal suo bordone.»
REGINA.
Oimè, dolce fanciulla, che significa questa canzone?
OFELIA.
Lo chiedete? Ah, ve ne prego, badate. «Egli e morto e scomparso, signora: egli è morto e scomparso: al suo capo sta una verde zolla, ai suoi piedi una pietra.»
REGINA.
Oh, cara Ofelia!!...
OFELIA.
«Badate, ve ne prego: «Il suo lenzuolo è bianco come la neve della montagna....»

Entra il Re.

REGINA.
Ohimè, mirate, signore.
OFELIA.
«Coperto di dolci fiori, che non furono sparsi sulla sua tomba, bagnati dalle lagrime di un vero amore.»
RE.
Come vi sentite, vaga fanciulla?
OFELIA.
Bene, Iddio vi ajuti! Dicono che la civetta era figlia di un fornajo. Signore, noi sappiamo quello che siamo, ma non sappiamo quello che possiamo essere: Dio sia alla vostra mensa!
RE. Ella pensa a suo padre.[1]
OFELIA.
Ve ne prego, non parliamo di ciò; ma quando vi dimandano che cosa significa, rispondete cosi:

«Dimani è il giorno di San Valentino, e fino dal primo lume dell’alba io mi posi alla finestra per divenire la sua fidanzata. Allora egli sorse e indossò i panni e apri la porta della sua stanza e fece entrare la vergine, che tale non si dipartì più dl là.»

RE.
Cara Ofelia!
OFELIA.
In verità, senza giuramenti, darò termine a ciò.

«Pel Cielo[2] e per la Santa Carità, oimé egli è un vituperio! Tutti i giovani fanno cosi quando si trovano in tali condizioni. Per l’amore,[3] e' sono da biasimare. Prima che mi seduceste, ella disse, avevate promesso

  1. Polonio era gastronomo per eccellenza; la mensa nominata da Ofelia risveglia nel re l’idea di suo padre.
  2. By Gis, sincope forse di Gesù.
  3. By cock: pei galio.
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