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[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Amleto (Rusconi).djvu{{padleft:95|3|0]]l’altro, vi notai a cui andava, vi apposi lo stemma, poi lo riportai nel primo luogo senza che alcuno si avvedesse del cambiamento. All’indomani avemmo quello scontro e tu conosci il resto.

ORAZIO.
Onde Guildenstern e Rosencrantz se ne vanno a morte.
AMLETO.
Oh, amico, essi brigarono per aver tale ufficio e non li sento sulla mia coscienza. Da loro stessi si procacciarono il fato al quale muovono incontro. È pericoloso pei vili il frapporsi alle spade incrociate e furiose di avversari potenti.
ORAZIO.
Oh, gran Dio, qual re!
AMLETO.
Quello che debbo fare non ti sembra ora manifesto?[1] Colui che ha ucciso il mio re e disonorata mia madre, che si è interposto tra il voto della nazione e le mie speranze, che mi ha insidiata la vita con tanta perfidia, non deve essere punito da me? E non sarebbe una colpa degna della eterna dannazione il lasciare tal vampiro[2] a compiere nuovi misfatti?
ORAZIO.
Egli saprà presto dall’Inghilterra come tutto ciò sia finito.
AMLETO.
Presto lo saprà, ma l’intervallo che deve trascorrere è mio, e la vita d’un uomo non dipende che da una parola.[3] — Buon Orazio, sono veramente dolente di essermi lasciato andare con Laerte ad impeti di sdegno, perché nella mia causa veggo l’immagine della sua. Avrò sempre in conto la sua stima, ma l’enfasi del suo dolore mi fece trascorrere fuori di me.
ORAZIO.
Taciamo; chi viene?


Entra Osrico.

OSRICO.
Godo assai di vedere Vostra Altezza di ritorno in Danimarca.
AMLETO.
Ve ne ringrazio umilmente, signore — Conosci (a Orazio) questa zanzara?
ORAZIO.
No. mio principe.
AMLETO.
Meglio per te, perché è un peccato il conoscerlo. Egli possiede molta terra ed anche fertile; un animale comandi ad altri animali e la sua greppia verrà posta alla mensa del re; è uno stolto,[4] ma, come ti ho detto, possiede molto fango.
  1. «Non pensi tu che io l’abbia ora sopra di me?» (Che io l’abbia sulle braccia)
  2. Canchero, ulcere.
  3. «E un uomo può essere spento nel solo tempo che ci vuole per dire uno.»
  4. Gabbiano, uccello di mare.
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