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13. , un’e distinta, ma più chiusa dell’

14. , che è l’e chiusa italiana.

15. e, un’e fra la precedente e l’

16. , che è l’e aperta italiana.

17-19. æ ä ȧ, tre stadj, che dall’e aperta italiana ci conducono prossimi all’a.

Sotto l’e aperta (,16), e in fianco all’e indifferente (e, 15), si spicca l’

20. , la così detta vocale indistinta, specie d’e volgente all’ö (22), che si ode con partico-
lar frequenza nell’inglese[1] e le succede l’

21. œ, che è, prescindendo dalla quantità, è l’eu francese di peur, laddove l’

22. ö, prescindendo ancora dalla quantità, l’eu francese di peu, che è più chiuso, ovvero più inoltrato verso l’, che non sia il precedente[2].

23. ụ̇, è di base più aperta che non l' (8), al quale sta come l' (6) all’u (7).

Le sei vocali che portano i numeri 21-23 8-10 (œ ö ụ̇ ü ụ̈), e formano nella nostra figura una serie continua, son quelle che più particolarmente soglion dirsi turbate o miste.

Vocale nasalizzata è quella che si proferisce mentre è aperto il canale del naso. Così è un a nasalizzato il suono che udiamo per prima sillaba del francese entrer (ãtré) e le vocali nasalizzate si scrivono: ã õ ecc.

La vocale lunga si segna col sovrapporvi una lineetta orizzontale: ā ā̃ ō ecc.

L’unico accento qui adoperato è l’acuto (á ā́), ed ha la vera e sola funzione che a questo accento spetti; segna cioè quella sillaba o vocale, che la voce fa spiccare maggiormente. Ma potrebbe tornare opportuno, anche per qualche vernacolo moderno, pur l’accento circonflesso; data cioè una vocale accentata, che dopo il risalto importato dall’acuto, continuasse a risonare senza quello spicco. L’accento implica, in questo caso, la lunghezza della vocale che lo porta (â,ô, ecc.).

Passando alle consonanti, a nessuno riesce nuovo oggidì, come le ripartizioni che provengono dal diverso punto della bocca in cui le consonanti sono formate (gutturali, dentali ecc.), s’incrocino con

  1. L’abbiamo in ispecie, tonica ed àtona, a pag. 363 e segg.
  2. I due esempj francesi sono del Lepsius. Nel corso di questo volume si manifesta qualche incertezza tra l’uso dell’œ e quello dell’ō; ma non è mai un’incoerenza da cui possa derivare alcuna oscurità.
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