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additamenti elementari. li

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Ètre o estre hanno dunque la loro ragione in es’re, cioè in una figura fonetica, che rappresenta una fase anteriore al francese dei più antichi saggi letterarj; non però ancora la fase romana, ma come la fase fondamentale della lingua francese. Questo es’re, che non ricorre in alcun monumento, o a mala pena si può eruire da qualche forma composta, si ricostruisce per rifare con evidenza la storia del vocabolo; e le forme ricostrutte si sogliono distinguere per un asterisco (*es’re). La base latina hordeo-, per dare un altro facile esempio, non dà immediatamente il nostro orźo-, ma è prima avvenuto, come suol di continuo avvenire, che l’e, fuori di accento e nell’iato, si riducesse ad i, e poi quest’i si facesse j: hordeo- *hórdio *hordjo orźo. Le figure intermedie, o ricostrutte, non avrebbero del resto, come ognun vede, alcun valore scientifico, se non riposassero sopra serie di analogie, per ogni più minuta parte convenienti e sicure[1].

Ma *essere non si sarebbe contratto ad *esre, se l’e mediana fosse stata accentata; come l’e di hordeo ha dovuto essere fuori di accento (f. d’acc), od essere átona come noi diciamo, per ridursi all’i di *hordio; nè, d’altra parte, alcun dialetto avrebbe avuto generúsi, per influsso dell’-i, se non fosse stato il caso di un ō accentato o tónico. Ecco effetti dell’assenza o della presenza dell’accento, ecco un minuto saggio dell’infinita importanza dell’accento nell’istoria naturale della parola. Tutti ormai sanno del resto, almeno indigrosso, come la vocale accentata ci offra, nelle evoluzioni della parola romana (alle quali il nostro discorso ora più particolarmente si applica), una storia intieramente distinta da quella della vocale che ò fuori d’accento[2]; e in questo stesso proemio già sen ebbe qualche prova (pag. v), nè si tarda a riparlarne. Qui intanto notiamo, che, non di rado, e particole e pronomi ci mostran soggetta la loro



  1. Così *hórdio sta a hordeo-, come olio a oleo-; e *hordjo- a hórdio, come fóljo (= foglio) a folio-. Finalmente, orźo a *hordjo, come meźźo a medjo.
  2. La quantità della divergenza tra formola tonica e formola átona, si può fare grandissima. Così, in una stessa fase dialettale, lev- in accento dà leiv-, fuori d’accento dà alv (p. 221 n ); e, ancora in una stessa fase, recip-, coll’accento sulla seconda, dà arćaiv-, e tutto fuori d’accento: arfš- (p. 223 n.).
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