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fra venezia e ravenna 83

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu{{padleft:87|3|0]]nezia fuggi dove servì per qualche tempo come se giardiniere od ortolano fosse[1]. E la popolare novella lo dipinge ancora errante alla ventura per le tenebrose calli di Venezia nella prima notte della sua venuta ed addormentato per terra presso S. Apollinare o S. Salvatore o altra chiesa; narra poi come capitasse al monastero di S. Maria della Carità, dove a gran mercè ricevuto, per quasi sei mesi fosse abbassato a vilissimi uffici nella cucina, finchè, riconosciuto da un pellegrino ed avvisato il Doge, fu con grandissimo onore portato a S. Silvestro nel palazzo del Patriarca di Grado.

Allora, continua la favola, la Repubblica mandò ambasciatori di pace al Barbarossa in Pavia, il quale arrogantemente rispose «che gli consegnassero quel fuggitivo o egli, assaliti i Veneziani per terra e per mare, avrebbe piantate le sue aquile dinanzi alla basilica di San Marco». Ed il raccontatore più famoso di questa favolosa istoria, è Obone prete ravignano, il quale fu citato in testimonio da D. Fortunato Olmo, monaco Benedettino che nel 1629 credette di poter dimostrare che le tradizioni dicevano il vero[2].

Obone rammenta la vittoria navale dei Veneziani a Salvore, ma la pone assai più tardi che ella non fu, dice fatto prigioniero Ottone figliuolo di Federigo, e che da’ fuggiaschi riparati a Ravenna udiva 1* imperatore la infausta novella. Poco dopo fa giungere in Ravenna lo stesso Ottone, mandato dai Veneziani a trattar della pace col padre il quale sarebbe poscia venuto a Venezia ad abboccarsi col Papa.

Ma il vero è che papa Alessandro, accolto in Venezia con quell’onore che abbiamo detto, incominciò subito a trattare per lettere e per messi con l’imperatore che

  1. Così si legge nella Cronaca di Savoia di Guglielmo Paradin; Lione, 1552, pag. 143.
  2. Ved. anche Zon. e Cicogna, Iscris. Venet., Tom. IV; e Daru, Lib. III.
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