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canto terzo. | 79 |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:108|3|0]]
Volgersi e ritornar tutte[1] a un cammino:
E chi pur dianzi in tal fretta venia,
Lasciar per Bradamante la sua via.
106 Quest’era l’animosa sua Marfisa,
La qual non si fermò, tosto ch’intese
Della cognata presa, ed in che guisa;
E per ire in Maganza il cammin prese,
Certa di liberarla, pur che uccisa
Già non l’avesse il Conte maganzese;
E se morta era, far quivi tai danni,
Che desse al mondo da parlar mill’anni.
107 L’oste giunse tra loro e salutòlle
Cortesemente, e mostrò far l’usanza.
Chè la sera albergar seco invitòlle,
E finse che non lungi era la stanza;
Poi, mal accorto, a Gano accennar volle,
E del vicino ajuto dar speranza:
Ma dal scudier che Gano avea legato,
Fu il misero veduto ed accusato.
108 Marfisa, ch’avea l’ira e la man presta,
Lo ciuffò nella gola, e l’avría morto.
Se non facea la cosa manifesta
Ch’avea per Gano ordita, ed il riporto:[2]
Pur gli travolse in tal modo la testa,
Ch’andò poi, fin che visse, a capo torto.
Le chiome in fretta armâr, ch’eran scoperte,
Delle vicine insidie amendue certe.
109 Tolgon tra lor con ordine l’impresa,
Che Bradamante non s’abbia a partire,
Ma star del traditore alla difesa,
Ch’alcun nol scioglia nè faccia fuggire;
E che Marfisa attenda a fare offesa
A’ Maganzesi, ucciderli e ferire.
Così ne van verso la casa rotta,
Dove i nemici ascosi erano in frotta.
110 L’altre donzelle e i due scudier restaro,
Ch’eran senz’arme, non troppo lontano:
Bradamante e Marfisa se n’andaro
Verso gli agguati, avendo in mezzo Gano.