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116 | i cinque canti. |
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— Pian, pian, fa ch’io t’intenda — dicea Orlando, —
Cugino; e cessi intanto l’ira e ’l brando. —
71 In questo tempo i cavalieri e i fanti
Per tutto il campo fanno aspra battaglia,
Nè si vede anco in mezzo, nè dai canti
Qual parte abbia vantaggio e che più vaglia.
Le trombe, i gridi, i strepiti son tanti,
Che male i duo cugin alzar, che vaglia,
La voce ponno, e far sentir di fuore
Perchè l’un l’altro chiami traditore.
72 Per questo fûr d’accordo di ritrarsi,
E differir la pugna al nôvo sole;
Poi, la mattina, insieme ritrovarsi
Nel verde pian colle persone sole;
E qual fosse di lor certificarsi
Il traditor, con fatti e con parole.
Fatto l’accordo, diêr subito vôlta,
E per tutto sonar fêro a raccolta.
73 Al dipartir, vi fûr pochi vantaggi:
Pur, s’alcun ve ne fu, Rinaldo l’ebbe;
Chè, oltre che prigioni e carrïaggi
Vi guadagnasse, a grand’util gli accrebbe,
Che alloggiò dove aver dalli villaggi
Copia di vettovaglie si potrebbe.
L’altra mattina, com’era ordinato,
Si trovò solo alla campagna armato.
Qui mancano molte stanze.
74 Scendono a basso a Basiléa ed al Reno,
E van lungo le rive insino a Spira,
Lodando il ricco e di cittadi pieno
E bel paese ove il gran fiume gira.
Entrano quindi alla Germania in seno,
E son già a Norimbergo, onde la mira[1]
Lontan si può veder della montagna,
Che la Boemia serra da Lamagna.
- ↑ Si sa che la Boemia è, per un terzo della sua grandezza, rinchiusa da quattro catene di montagne, dette Morave, Riesenge-Birge, Erzegebirge e Boehmerwald; onde la voce mira (altramente inesplicabile) sembra qui posta per Lunga continuazione.