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FRAMMENTO SECONDO.[1]
1 Un non so che, ch’io non so ben se rio
Nominar debbio, o pur onesto e buono;
E se timor d’infamia, o se disio
Di gloria il fa, non meno in dubbio sono;
Estima alcun che di quel vase uscio
Ch’all’incauto Epimeteo fu mal dono,
E fra le pesti lo racconta e i mali
Che turban la quïete de’ mortali.
2 Questo, o rispetto o debito che sia,
Ch’io non so appunto ritrovargli il nome,
Dal voler proprio spesso l’uom devia,
E al voler d’altri il tira per le chiome:
Servo lo fa, che libero saria;
Ed io non so bene esplicarvi come,
Che in tanti casi e in tanti varî modi
Avvince l’uom d’inestricabil nodi.
3 In voi porrò, donne, l’esempio prima,
Che vi guastate mille bei piaceri,
Che se di questo non faceste stima,
Come non fanno molte, avreste intieri.
Se fate bene o male, altri l’esprima:
Vi so ben dir che appresso gl’Indi neri
Le donne, che non han tanti rispetti,
Vivon più liete in lor comuni letti.
4 Questa, che forse saría meglio detta
Opinïon, che debito o virtute,
Per minima cagion fa che negletta
Ha l’uom sovente la propria salute;
Affinitade ed amicizia stretta
Ha vïolate e in poco conto avute;
Ed a servigio e soldo de’ tiranni,
Ha fatto a’ cari amici oltraggi e danni.
- ↑ Quete stanze si trovano al principio del c. XXXV nella prima edizione del Furioso del 1516; ma nella ristampa del 1532 furono dal poeta levate. — (Molini.)