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154 satira prima.

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Chè poco giovería ch’avesser pôste,
21Dovendo lor mancar poi fieno o paglia.
  Sia per me un materasso, che alle coste
Faccia vezzi, di lana o di cotone,
24Sì che la notte io non abbia ire all’oste.
  Provvédimi di legna secche e buone,
Di chi cucini pur così alla grossa
27Un poco di vaccina o di montone.
  Non curo d’un che con sapori possa
De’ varî cibi suscitar la fame,
30Se fosse morta e chiusa nella fossa.
  Unga il suo schidon pure, o il suo tegame,
Sin all’orecchio a ser Vorano il muso,
33Venuto al mondo sol per far letame;
  Che più cerca la fame perchè giuso
Mandi i cibi nel ventre, che per trarre
36La fame, cerchi aver delli cibi uso.
  Il novo camerier tal cuoco innarre,
Di pane ed aglio uso a sfamarsi,[1] poi
39Che riposte i fratelli avean le marre,
  Ed egli a casa avea tornati i buoi;
Ch’or vuol fagiani, or tortorelle, or starne,
42Chè sempre un cibo usar par che l’annoi.
  Or sa che differenza è dalla carne
Di capro e di cinghial che pasca al monte,
45Da quel che l’Eliséa[2] soglia mandarne.
  Fa ch’io trovi dell’acqua, non di fonte,
Di fiume sì, che già sei dì veduto
48Non abbia Sisto nè alcun altro ponte.[3]
  Non curo sì del vin, non già il rifuto;
Ma a temprar l’acqua me ne basta poco,
51Che la taverna mi darà a minuto.
  Senza molta acqua i nostri, nati in loco
Palustre, non assaggio; perchè puri[4]


  1. Intendi: ingaggi o accaparri un tal cuoco, cioè di egregia abilità, quel nuovo cameriere, che uso a sfamarsi ec., ora vuol fagiani ec.
  2. Bosco pieno di selvaggine sul Ferrarese, tra le foci de’ due Po, di Primaro e di Volano, lungo la spiaggia dell’Adriatico. — (Barotti)
  3. L’acqua del Tevere è buona da beversi, dopo che sia purgata.
  4. Latinismo non imitabile (da pus, puris); qui esteso a significare Catarro. Il Barotti leggendo fa invece di fan, interpretava: «puri (i vini) tranno in giù dal capo tal cosa che mi fa roco.»
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