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satira prima. | 157 |
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Disir di moglie; e quando moglie io tolga,
120Convien che d'esser prete il desir spenga.
Or perchè so com'io mi muti e volga
Di voler tosto,[1] schivo di legarmi
123Donde, se poi mi pento, io non mi sciolga.
Qui la cagion potresti dimandarmi
Perchè mi levo in collo sì gran peso,[2]
126Per dover poi su 'n altro scaricarmi.
Perchè tu e gli altri frati miei ripreso
M'avreste, e odiato forse, se offerendo
129Tal don fortuna, io non l'avessi preso.
Sai ben che 'l vecchio la riserva avendo
Inteso d'un costì, che la sua morte
132Bramava; e di velen perciò temendo;
Mi pregò che a pigliar venissi in corte
La sua rinuncia, che potría sol tôrre
135Quella speranza onde temea sì forte.
Opra feci io che si volesse porre
Nelle tue mani, d'Alessandro, il cui
138Ingegno dalla chierca non aborre.
Ma nè di voi, nè di più giunti a lui
D'amicizia, fidar unqua si volle;
141Io fuor di tutti scelto unico fui.[3]
Questa opinïon mia so ben che folle
Diranno molti, che a salir non tenti
144La via ch'uom spesso a grandi onori estolle.
Questa, povere, sciocche, inutil genti,
Sordide, infami, ha già levato tanto,
147Che fatti gli ha adorar da re potenti.
Ma chi fu mai sì saggio, o mai sì santo,
Che di esser senza macchia di pazzia,
150O poca o molta, dar si possa vanto?
Ognun tenga la sua; questa è la mia:
Se a perder s'ha la libertà, non stimo
153Il più ricco cappel[4] che in Roma sia.
Che giova a me sedere a mensa il primo,
- ↑ Si credè di trovare una confessione di tal difetto anche nell'Élegia De diversis amoribus, e in altri luoghi delle poesie volgari. Vedi Baruffaldi, Vita ec., pag. 256.
- ↑ Il benefizio curato di Sant'Agata.
- ↑ Questo aneddoto, certo onorevole a messer Lodovico, venne trascurato dal più prolisso de' suoi biografi.
- ↑ Il più fruttuoso ufficio cardinalizio.
ariosto. — Op. min. — 1. | 14 |
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