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satira terza. 171

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12Sempre dal buon voler tennero escluso.
  Ma fui di parer sempre, e così detto
L’ho più volte, che senza moglie a lato
15Non puote uomo in bontade esser perfetto.[1]
  Nè senza si può star senza peccato;
Chè chi non ha del suo, fuori accattarne,
18Mendicando o rubandolo, è sforzato.
  E chi s’usa a beccar dell’altrui carne,
Diventa ghiotto, ed oggi tordo o quaglia,
21Diman fagiani, un altro dì vuol starne.
  Non sa quel che sia amor, non sa che vaglia
La caritade; e quindi avvien che i preti
24Sono sì ingorda e sì crudel canaglia.
  Che lupi sieno e che asini indiscreti,
Mel dovreste saper dir voi da Reggio,[2]
27Se già il timor non vi tenesse cheti;
  Ma senza che ’l diciate, io me ne avveggio.
Della ostinata Modena[3] non parlo,
30Che, tutto che stia mal, merta star peggio.
  Pigliala se la vuoi; fa, se dêi farlo;
E non voler come il dottor Buonleo,[4]
33Alla estrema vecchiezza prolungarlo.
  Quella età più al servizio di Lieo,
Che di Vener conviensi: si dipinge
36Giovane fresco, e non vecchio. Imeneo.
  Il vecchio, allora che ’l desir lo spinge,
Di sè prosume e spera far gran cose;
39Si sganna poi che al paragon si stringe.
  Non voglion rimaner però le spose
Nel danno sempre: ci è mano adiutrice,
42Che sovviene alle pover’ bisognose.
  E, se non fosse ancor, pur ognun dice
Che gli è così: non pôn fuggir la fama,


  1. Questa sentenza, e le spiegazioni che seguono, sono assai chiare; nè fa d’uopo d’inculcare ai lettori: «Mirate la dottrina che s’asconde Sotto ’l velame de li versi...,» per intendere come l’Ariosto la pensasse per ciò che riguarda il celibato.
  2. La città di Reggio, che nel 1512 erasi arresa alle armi di Giulio II, nella guerra che questi avea mosso al duca di Ferrara, continuò sotto il dominio ecclesiastico sino al 1523.
  3. Modena si era già data al pontefice, per opera di Gherardo e Francesco Rangoni, sino dal 1510. — (Barotti e Molini.)
  4. Cognome di nobil famiglia ferrarese. — (Molini.)
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