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208 satira settima.

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  Col zio il nipote (e fu poco intervallo)
Del regno e dell’aver spogliati in tutto,
192Prigioni andâr sotto il dominio gallo.
  Gregorio, a’ prieghi d’Isabella, indutto
Fu a seguire il discepolo là dove
195Lasciò, morendo, i cari amici in lutto.
  Questa jattura, e l’altre cose nôve
Che in quei tempi successero, mi fêro
198Scordar Talía ed Euterpe e tutte nove.
  Mi môre il padre,[1] e da Maria il pensiero
Dietro a Marta[2] bisogna ch’io rivolga;
201Ch’io muti in squarci ed in vacchette[3] Omero:
  Truovi marito e modo che si tolga
Di casa una sorella, e un’altra appresso;[4]
204E che l’eredità non se ne dolga:
  Coi piccioli fratelli, ai quai successo
Ero in luogo di padre, far l’uffizio
207Che debito e pietà m’avea commesso.
  A chi studio, a chi corte, a chi esercizio[5]
Altro proporre; e procurar non pieghi
210Dalle virtudi il molle animo al vizio.
  Nè questo è sol che alli miei studî nieghi
Di più avanzarsi, e basti che la barca,
213Perchè non torni a dietro, al lito leghi.
  Ma si truovò di tanti affanni carca
Allor la mente mia, ch’ebbi desire,
216Che la cocca al mio fil fêsse la Parca.
  Quel, la cui dolce compagnia nutrire
Solea i miei studî, e stimulando innanzi

[6]


  1. L’anno 1500. Baruffaldi, op. cit., pag. 96.
  2. Cioè dalla vita contemplativa all’attiva.
  3. «Osservo che il costume di notare in vacchette e in giornali le ragioni di dare ed avere per ajuto della memoria, egli serbòllo poi sempre; ed alcuni squarci di tal genere da lui scritti negli anni più tardi, si conservano nella pubblica Biblioteca (di Ferrara), con gli altri manoscritti di lui.» Baruffaldi, Vita ec., pag. 97.
  4. Vedi la nota al v. 211 della Satira II.
  5. Raccogliamo qui i nomi dei fratelli tutti di Lodovico. Gabriele, uomo di lettere, ammogliatosi, morto nel 1549; Carlo, dato alla milizia, mancato nel 1527; Galasso, cortigiano, canonico in Ferrara ed in Reggio, ambasciatore ducale, morto in Ingolstadt nel 1546; Alessandro, prima militare, poi ecclesiastico, morto nel 1569. Vedi Baruffaldi, op. cit., pag. 38-44.
  6. cagionasse le guerre che afflissero l’Italia per più di trent’anni, e la servitù novella e più largamente estesa che di quelle fu conseguenza.
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