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CARMINUM
LIBER PRIMUS.
I.
DE LAUDIBUS PHILOSOPHIÆ,
AD ALPHONSUM PRINCIPEM ESTENSEM.
FRAGMENTA.[1]
. . . . . . . . .
Extollit clamor patrem, pars murmure laudat
Dicta Iovis tacito iam iam labentis ad ægros
Terrigenas: animis adeo cœlestibus hæret
Cura, licet toties recidivæ in crimina gentis!
Orbe iacet medio, superis tunc hospita, tellus,
Cum longo innocuis habitata est gentibus ævo,
Qua pelusiacos aditus, perque ora Canopi
Amne petit gemino sinuosa volumina ponti
Nilus, et in latum cogit succrescere campos,
Aridaque humenti fœcundat iugera limo.
Iuppiter hic claro delapsus ab æthere iussit
Numina cuncta epulis positæ discumbere mensæ,
Lætus ut unigenæ celebret natalia Divæ.
- ↑ Accettiamo la mutazione del titolo, proposta e con assai buone ragioni difesa dal Baruffaldi; dovechè in tutte l’altre edizioni, che dal Pigna lo ricopiarono, leggevasi falsamente: Ad Alphonsum Ferrariæ Ducem tertium. Dimostrò lo stesso biografo, esser questa una delle più giovanili composizioni di Lodovico, e probabilmente un accozzo degli avanzi diversi della orazione che l’Ariosto avea recitata nel duomo di Ferrara per la solenne riapertura degli studi nell’anno 1495. Dopo una tale scoperta, che sembra confermata e dal costume di dettare quelle orazioni anche in versi e dalla testimonianza di Gabriele fratello del poeta, questa poesia non potrebbe in altro modo commentarsi, come faremo nelle note susseguenti, se non colle parole del medesimo Baruffaldi; al cui libro tuttavia rimandiamo il lettore curioso di saperne altri e più minuti particolari.
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