< Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
336 carminum

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:365|3|0]]

VIII.

AD PHILIROEM.


Quid Galliarum navibus aut equis
  Paret minatus Carolus, asperi
  Furore militis tremendo,
  Turribus ausoniis ruinam:[1]
Rursus quid hostis prospiciat sibi,
  Me nulla tangat cura, sub arbuto
  Iacentem aquæ ad murmur cadentis,
  Dum segetes Corydona flavæ
Durum fatigant. Philiroe meum,
  Si mutuum optas, ut mihi sæpius
  Dixisti, amorem, fac corolla
  Purpureo variata flore
Amantis udum circumeat caput,
  Quam tu nitenti nexueris manu;
  Mecumque cespite hoc recumbens
  Ad cytharam canito suave.[2]




IX.

AD PANDULPHUM.[3]


Dum tu prompte animatus ut
  Si res cumque feret principe sub tuo,
Pandulphe, omnia perpeti[4]
  Quæris, qui dominæ crinibus aureis


  1. Non fa d’uopo di sottile interprete per riconoscere dettata quest’Ode nel 1494, quando Carlo VIII stava per calare in Italia. I sentimenti stessi, imitati compiutamente da Orazio, accusano la giovinezza dell’autore. Di questi medesimi, come dell’amore della forosetta Filiroe, e delle stesse allusioni politiche, noi vediamo la conferma nell’ode che in tutte le edizioni viene immediatamente qui soggiunta; nè possiamo convenire col Baruffaldi, che vorrebbe parlarsi in essa non della venuta di Carlo, ma di quella di Luigi XII nel 1499.
  2. L’edizione dell’Orlandini ed altre leggono, al dispetto della prosodía: suavis caneto. Ci parve perciò di dover seguire la fiorentina del 1719 e la procurata dal Pezzana.
  3. Il medesimo Pandolfo Ariosti, di cui nel Carme VII.
  4. Legge il Pezzana: Pandulphe, omnia perferas, Quæris etc.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.