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8 | i cinque canti. |
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Prima a parlar, ma non così di botto;
Ch’una o due volte gli occhi intorno volse,
E poi la lingua a tai parole sciolse:
12 — Poi che da forza temeraria astretta,
Non può senza spergiur costei dolerse,
Nè domandar nè procacciar vendetta
Dell’onta ria che già più dì sofferse;
Quel ch’ella non può far, far a noi spetta,
Che le occorrenze prospere e l’avverse
Convien ch’abbiam comuni; e si provveggia
Di vendicarla, ancor ch’ella noi chieggia.
13 Non accade ch’io narri e come e quando
(Perchè la cosa a tutto il mondo è piana)
E quante volte e in quanti modi Orlando,
Con comune onta, offeso abbia Morgana;
Dalla prima fiata incominciando
Che ’l drago e i tori uccise alla fontana,
Fin che le tolse Zilïante[1] il biondo,
Ch’amava più di ciò ch’ella avea al mondo.
14 Dico di quel che non sapete forse;
E s’alcuna lo sa, tutte nol sanno:
Più che l’altre soll’io, perchè m’occorse
Gire al suo lago quel medesimo anno:
Alcune sue (ma ben non se n’accorse
Morgana) raccontato il tutto m’hanno:
A me ch’a punto il so, sta ben ch’io ’l dica,
Tanto più che le son sorella e amica.
15 A me convien meglio chiarirvi quella
Parte, che dianzi io vi dicea confusa.
Poi che Orlando ebbe presa mia sorella,
Rubata, afflitta e in ogni via delusa,
Di tormentarla non cessò, fin ch’ella
Non gli fe il giuramento il qual non s’usa
Tra noi mai vïolar; nè ci soccorre
Il dir che forza altrui cel faccia tôrre.
16 Non è particolare e non è sola
Di lei l’ingiuria, anzi appartiene a tutte;
E quando fosse ancora di lei sola,
Debbiamo unirci a vendicarla tutte,
E non lasciarla ingiurïata sola;
- ↑ Nell’edizione procurata dal Barotti: «le tolse poi Gigliante.»
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