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liber secundus. 357

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XXVII.

DE PUERO FORMOSO.


Exanimum Paphie puerum miserata feretro,
  — Eheu talis, ait, noster Adonis erat. —




XXVIII.

DOMUS A SE CONDITÆ EPIGRAPHE.


Parva, sed apta mihi, sed nulli obnoxia, sed non
  Sordida; parta meo sed tamen ære domus.[1]




XXIX.

DE PAUPERTATE.


Sis lautus licet et beatus hospes,
  Et quicquid cupis affluens referto
  Cornu copia subministret ultro;
  Ne suspende humilem casam, brevemque
  Mensam naribus hanc tamen recurvis.
  Sic nec Bauci tuam, tuam, Molorche,
  Tuamque, Icare, pauperem tabernam,
  Et viles modicâ cibos patellâ
  Sprevit Iuppiter, Hercules, Lyæus.




XXX.


Quæ frondere vides serie piantana longâ,
  Et fungi densæ sepis opaca vicem,
Lucus erant, horti latus impedientia dextrum
  E regione domus, e regione viæ;


  1. Lo stesso Virginio Ariosto, che ci lasciò scritte non poche memorie intorno a suo padre, attesta che sull’entrata della casetta che Lodovico avea fatto fabbricare, e volle poi anche abitare per amore dell’annéssovi giardino, si leggevano questi versi. Il Baruffaldi ne trasse argomento opportuno per ismentire l’asserzione di coloro «i quali dissero che la spesa della fabbrica fosse fatta a spese d’alcun liberale benefattore e mecenate.» Degli altri due componimenti che seguono, l’uno leggevasi sopra la loggetta, e l’altro si suppone egualmente inciso su qualche parete di essa casa.
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