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396 | rinaldo ardito. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:425|3|0]]
Adorna poteva altri e tu[* 1] tenermi,
E se a me più tornar pur non volevi,
Negarmi esser lì stato non dovevi. —
25 Dall’altro canto, il conte Orlando stava
Sospeso assai, nè sa quel che si dire:
La cosa ben come era immaginava,
Ma non la sa per lo ben colorire;
Ch’essa l’avesse in fal’ preso pensava
Per cieca volontà, per gran desire;
Nè sa chi possa avere audacia presa
Di essere entrato in una tanta impresa.
26 Non sa com’essa lui in fal’ pigliasse,
Nol conoscendo al viso e al proprio aspetto;
Nè sa ch’in faccia lui rapresentasse,
Salvo Milone, a lei figlio diletto,
Qual non si crede[* 2] che alla madre usasse
Tanta scelerità,[1] tanto difetto:
E stette in tal pensier tutto quel giorno.
Ma il conte io lasso, e a Malagigi io torno.[* 3]
27 Credendo Malagigi ritornare
Alla regina la notte seguente,
Nel mezzo di quel dolce lamentare,
Che faceva ella del suo error dolente,
Andòlla Malagigi a visitare,
Che non sapea della regina[* 4] niente
Quel che dolesse; anzi a lei venne allora
Con la sembianza di quel conte ancora.
28 Fu dalla più secreta cameriera[2]
Portata alla regina la novella,
Come ad essa il gran conte venuto era
Per visitarla, se piacesse ad ella.
Tutta turbòssi la regina in ciera,
E in mille parti il sdegno la martella;
E dubita di dui qual debbia fare,
O se lo escluda, o pur lo lassi entrare.
29 Non sa quel che si far, tutta è commossa,
Non sa se contradica o se consenta;