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canto secondo. | 397 |
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Ma l’amor più che l’ira ebbe gran possa,
Sì che a lassarlo entrar restòe contenta.
La cameriera ad introdurlo mossa,
Avanti alla regina lo appresenta;
E Malagigì, non sapendo il fatto,
A lei si appresentò con allegro atto.
30 Ma ella con sembiante assai mansueto,
Con occhi mesti a guisa di turbata,
Non ben rispose a Malagigi lieto
Come pensò vedere alla tornata:
Ma non per questo si ritrasse a drieto,
Ma dimostra egli faccia allegra e grata;[* 1]
E accarezzar[1] la donna allor non resta,
Pensando che per altro ella stia mesta.
31 Ma senza altro parlarli, la regina
La lettera del conte al baron diede:
Presela quello, e súbito divina
D’ove il gran sdegno di colei procede;
E più cognosce ancor la sua ruina,
Chè la lettra del conte in scritti vede:
La lettra lesse, e poi, rivolto a lei,
Disse: — Regina, per un scherzo il fei.—
32 Tutta mutòssi la regina allora,
E serenò la fronte e il suo bel ciglio;
E più che mai Orlando la innamora,
E subito le fa mutar consiglio.
Ma quietata non bene era ella ancora,
Quando a lei corse un suo fedel famiglio,
E díssele: — Regina, il tuo figliuolo
Si trova in gran contrasto e in maggior duolo.
33 Il conte Orlando nostro defensore,
Venuto da ponente ove il sol monta[2]
Per defendere il stato e il vostro onore,
Credo che ricevuta abbia qualche onta;
E dir l’ho udito al tuo figliuol: — Signore,
S’esta persona mai per te fu pronta,
Se mai io satisfeci al tuo desire,
Piacemi assai, ma ormai mi vô partire. —
- ↑
- E ridente il baron s’estima.
ariosto. — Op. min. — 1. | 34 |
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