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canto secondo. 403

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E la sua legge è sola al mondo vera.
Mostrar vi voglio la cristiana fede
Quanto potente sia, quanto sincera; —
E l’asino gridò:[1] — Demonio tristo,
Pártiti quindi per virtù di Cristo. —

  (Manca la continuazione.)

57 Ebbe il gigante allora acerba pena;
Pur si ritenne in piede, e il capo quassa;
La mazza stringe et a due man la mena,
E contra a chi il percosse un colpo lassa:
Schifarlo puote il Paladino appena,
Ma pur da parte salta, e il colpo passa:
Egli è mastro di guerra, e il suo Rondello
Ai salti è assüefatto e molto snello.

58 Schifò quel colpo, e ben volse il marchese
Ma renderlo non puote a quella volta,
Chè separate fur le lor contese;
Tanto crescea de’ cavalier la folta:
Sicchè Oliviero allora altra via prese,
Mostrando tra’ Pagani audacia molta:
Quanti ne giunge, pien di rabbia e tôsco,
Male integri li manda al regno fosco.

59 Riconfortòssi la cristiana schiera
Pel grande ajuto di quel Paladino.
Ma di Ruffardo la possanza fiera
Fa come falce di stipa o di lino:
Infernal cosa è riguardarlo in ciera,
Nè sì brutto si pinge Calcabrino;[2]
E tanto adopra la ferrata mazza,
Che sempre ha intorno spazïosa piazza.

60 Ma Balugante, cupido di sangue,
Bravante il maladetto a ferir manda.
Mossesi quello a guisa di fiero angue,
Se avvien che ’l tôsco disdegnato spanda:
Restò a tal giunta ogni cristiano esangue,
E a fuggir cominciâr per ogni banda:
Li più gagliardi[3] allor ebber paura,


  1. Cioè, gridò all’asino. — (A.-G.)
  2. Demonio nominato da Dante, Inf. c. XXI e XXII. — (A.-G.)
  3. Nell’autografo, qui ed altrove, è scritto galgiardi.
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