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canto secondo. 407

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Ma proibìllo far di nuovo lotta
Il stormo de’ Pagan ch’ivi fu gionto:
Fugli il disegno e la sua impresa rotta,
Chè ognun fa più di sè che d’altrui conto:
Vide essere egli danno e incarco espresso,[* 1]
Per occidere altrui, morire anch’esso.[* 2]

75 Onde, indi allor convenne dipartirse,
E lassare il gigante in terra steso;
Chè gente tanta contra lui venirse
Vedea, che forse allor restava preso;
E li fu forza altrove ancor partirse,
Chè alla forza ciascun misura il peso:
Ferendo va i nemici in altra parte,
Ed a chi il petto, a chi la faccia parte.

76 Così fa la donzella Bradamante,
Col brando in man gagliarda a maraviglia.
Intanto sorse il caduto gigante;
Qual nuovamente la sua lancia piglia,
E questo dietro e quel percuote avante:
A infernal mostro nel ferir simíglia;
E tanto di ferir l’empio procaccia,
Che chi percuote occide, e li altri caccia.

77 Mirava la battaglia allor Rinaldo,
Il quale fra’ Pagan stava secreta-
mente; ma di scoprirse e d’ira caldo,
E di assalirli con il re di Creta
Non si può raffrenar, non può star saldo,
Non può tener la mente a un segno quieta;
E una sola ora mille anni gli pare
Potere esso in persona in giôco entrare.

78 Bradamante ferir vedea il barone;
Conobbela all’insegna e all’armatura,
Chè in campo verde portava un leone
Di quel proprio color ch’ha di natura:
L’insegna è questa del suo padre Amone;
Piacque alla dama simil portatura:
Fu il leon poi alquanto tramutato,[* 3]
E di integro Rinaldo il fe sbarrato.

79 Tanto col re Cretense oprato avea


      • Non volse il cavaliere in quel drapello.
      • ello.
      • da Ranaldo mutato.
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