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436 rinaldo ardito.

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Alla prima lor chiesa cattedrale;
E Dio, come si suol, prima onoraro
Carlo, il pastore ed ogni cardinale:
Nè si volse mostrar di grazia avaro,
Se ben veste non ha pontificale,
A quel populo[* 1] allor papa Leone,
Chè a tutti diede la benedizione.

57 Doranio, fatto poco anzi cristiano,
Di tal cospetto non si può saziare;
Nè vorrebbe esser, come già, pagano
Per quanto tien la terra e cinge il mare:
Il viver de’ Cristian gli pare umano,
Natural, giusto, come dêssi usare,
Con cerimonie che hanno in sè ragione;
Qual non si trova in quelle di Macone.

58 Poi[1] che fu reso a Dio debito onore,
L’entrata fêro nel real palagio
Carlo e Leone, e ogni altro gran signore
Fu consegnato ove può stare ad agio.
Alloggiò parte drento e parte fuore,
E non fu chi patisse alcun disagio.
Ma posino a lor modo, chè piacere
Hanno essi di posare, io di tacere.




CANTO QUINTO.



1 Chi[2] veder vôle un bel giardino ameno,
Che sia de’ riguardanti all’occhio grato,
D’ordini il veggia e varietadi pieno,
Che con tal varïar si fa più ornato:[3]
Così un poema sta, nè più nè meno,
Ch’esser dê vario in tutto ed ordinato:
Così varia il pittor col suo pennello,
E per il varïare il mondo è bello.


  1. Il Baruffaldi pubblicò questa stanza come parte del Canto III.
  2. Stanza prodotta dal Baruffaldi come principio del Canto IV.
  3. Il Baruffaldi legge: più grato.
    • Papa Leone.
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