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18 | i cinque canti. |
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Non ritrovò, non ritrovò più pace:
Dall’occulto veneno il cor gli è roso,
Che notte e giorno sospirar lo face:
Gli par che liberale e grazïoso
Sia a tutti gli altri, ed a nessun tenace,
Se non a’ Maganzesi, il re di Francia;
Fuor che la lor, premiata abbia ogni lancia.
59 Già fuor di tende, fuor di padiglioni
In Parigi tornata era la corte,
Avendo Carlo i principi e baroni
E tutti i forestier di miglior sorte
Fatto, con gran proferte e ricchi doni,
Contenti accompagnar fuor delle porte;
E tra’ più arditi cavalier del mondo
Stava a godere il suo stato giocondo.
60 E come saggio padre di famiglia,
La sera dopo le fatiche a mensa,
Tra gli operarî con ridenti ciglia
Le giuste parti a questo e a quel dispensa;
Così, poi che di Libia e di Castiglia
Spentasi intorno avea la face accensa,
Rendea a’ signori e cavalieri merto
Di quanto in armi avean per lui sofferto.
61 A chi collane d’oro, a chi vasella
Dava d’argento, a chi gemme di pregio;
Cittadi aveano alcuni, altri castella:
Ordine alcun non fu, non fu collegio,
Borgo, villa nè tempio nè cappella,
Che non sentisse il beneficio regio:
E per dieci anni fe tutte le genti
Ch’avean patito, dai tributi esenti.
62 A Rinaldo il governo di Guascogna
Diede, e pension di molti mila franchi,[1]
Tre castella a Olivier donò in Borgogna,
Che del suo antiquo stato erano a’ fianchi;
Donò ad Astolfo in Piccardia Bologna:
Non vi dirò ch’al suo nipote manchi;
Diede al nipote principe d’Anglante
Fiandra in governo, e donò Brugia e Gante;
- ↑ Esempio notabile della voce franco a significare moneta, e da aggiungersi a quello di M. Villani.
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