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CANZONI.
I.[1]
Spirto gentil, che sei nel terzo giro
Del ciel fra le beate anime asceso,
Scarco del mortai peso.
Dove premio si rende a chi con fede
5Vivendo, fu d’onesto amore acceso;
A me, che del tuo ben non già sospiro,
Ma di me che ancor spiro,
Poich’al dolor che nella mente siede
Sopr’ogni altro crudel, non si concede
10Di metter fine air angosciosa vita;
Gli occhi che già mi fûr benigni tanto,
Volgi ora ai miei, che al pianto
Apron sì larga e sì continua uscita:
Vedi come mutati son da quelli
15Che ti soléan parer già così belli.
L’infinita ineffabile bellezza
Che sempre miri in ciel, non ti distorni
Che gli occhi a me non torni;[2]
- ↑ Il Rolli (del Barotti diremo più innanzi) omise questa Canzone; il Pezzana e il Molini le diedero lungo tra le Rime del nostro autore, dicendola, coi più, composta in nome di Vittoria Colonna, e per la morte del marchese di Pescara suo marito. Il novello e diligente editore delle Rime di Vittoria credè pure questo componimento dell’Ariosto, ma non già fatto per la morte del Pescara nè a nome della Colonna, ma invece per «una gentildonna romana» cui era «mancato il marito similmente romano;» bene osservando che «la sentenza del componimento non si adatta a Vittoria nè al Pescara;» e che però sarebbe da togliersi dalle edizioni dell’Ariosto la nota che a quelli lo riferisce (Rime di Vittoria Colonna, corrette sui testi a penna e pubblicate dal cav. Pietro Ercole Visconti; Roma, 1840, pag. XX.) Comunque sia, colui che scrisse questa Canzone, è certo da tenersi per uno dei più eccellenti rimatori del secolo XVI.
- ↑ Volga o giri. Esempio utile a chiarir quello, non molto chiaro, del Tesoretto, ch’è nelle ristampe del Vocabolario.