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460 canzoni.

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Guarda che persa è la tua antiqua legge,
Antico Palestin: vedrai te avanti
115Tronche le piante ove posar solea
La bella vigna nostra, o in pace o in guerra:
Vedrai la sposa tua, che in su l’aurora
Giace deserta in terra,
Venduto il manto che d’intorno avea,
120E scalza ad ora ad ora
Si muore. Ahi! perso il sole,
Tu perderai ancora
E la nave e le reti e pesci quanti
Hai preso mai nel mar di Galilea.
125Ahi! dove sei ascoso, o almo sole,
Da queste piagge sole!
  Con l’arme sole del pastor d’Esperia,
Se non li fea il tuo sangue il veder scemo,
Potuto avresti, ingrato Polifemo,
130Cavarla fuor di questa vil miseria.
O d’ogni nostro mal forma e materia,
Quanto da quei che ti lassâr le chiavi,
Da sì alta quercia[1] tralignar ti mostri!
Tu il vedi, alma Gonzaga, in Montefeltro.
135Dimanda or dov’è il pan di che nodristi
Questo arrabbiato veltro,
Questa fiera neméa, questi duo mostri.
Sol, perchè non fuggisti
Indietro, irato sole,
140Da’ scellerati e tristi
Auspíci? Ahi mondo, che sanar pensavi
Con medico sì vile i dolor nostri!
Orbo mondo, se falli, il Cielo il vuole;
Ch’egli è oscurato il sole.
  145Oscura è Cinzia; alza Atteon in alto
Le corna; e va trescando la stuprata
Figliuola di Sïon là ’ve l’armata,
Con così chiaro ed onorato salto,
Plebe salì sovra l’altre arme tanto.
150Apri la maestà del sacro volto,
Tevere, fuor de’ muscosi antri, ed odi
Gridando andar tra le sue rive il Reno:


  1. Giulio II. Il poeta mostra in più modi la sua affezione verso le due famiglie che signoreggiarono Urbino.
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