< Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.

canzoni. 469

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:498|3|0]]

5E di voi meno apriche?
Anzi più; ch’or da voi
Pur vôlti il ciel là tutti i lumi suoi?
  Come piange Arno, e corre
Oltra l’usato tempestoso e ’nsano,
10Sol perchè a mano a mano
Il bel Genebro suo si sente tôrre;
Così ride, e pian piano
Or vassene, e più quêta
E più lieta che mai la bella Sona,
15Che di lui s’incorona e per lui spera
Eterna primavera.
  Onde pur, lasso! al faticato fianco
Arrò più qualche posa?
La dolce ombra amorosa
20Del mio Genebro altero or ne vien manco:
Man rapace invidiosa
Svéglielo de’ nostr’orti,
E par sì lunge, oltr’a quell’alpi, il porti,
Che più nè seguitarlo
25Spero nè rìtrovarlo.
  Or pur cadrò; m’è tolto il mio sostegno
E più saldo e più fido:
Nè, se ben piango e grido,
M’ode o si piega il mio nemico indegno.
30Ma come tanto sdegno
In ciel ver’ me sì tosto?
In ciel ch’or m’avea posto

[1]


  1. penna medesima che aveva scritta l’antecedente «Quando ’l sol parte ec.» Diffatti, oltre a certa diversità nello stile, quella ancora del genere poetico, che qui non è il pastorale, e più quella del sentimento cha la informa, ci portano a conchiudere anche io ciò diversamante dal sopraddetto editore. La stessa irregolarità del metro dà a divedere un versificatore più licenzioso e meno esperto di quel che fossero il Ferrarese ed il Varchi. Di Jacopo de’ Servi, di Giulio Cammilio e di Gianfraneeseo Bosello (cantore di una Ginevra degli Orsi bolognese, e ricordato dal Rezzi), non sapremmo che dire, msncandoci il modo di parogonare la controversa da altre loro composizioni. Comechessía, non pare a noi che la forosetta Ginevra, che sottraendosi alla madre gelosa recasi in segreto luogo a render felice l’amato pastore, sia la Ginevra medesima a che altri dà il nome di anima illutre, per la cui parienza Arno impoveriva, arricchivasi anzi s’incoronava la Saona, e il poeta, che all’ombra di lei provato aveva celesta beatitudine, cadeva in tarra, come vite alla quale fu tolto il suo sostegno: linguaggio (al creder nostro) più che d’amante ad amata, di favorito e protetto verso la sua protattrice.
ariosto.Op. min. — 1. 40

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:498|3|0]]

Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.