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30 i cinque canti.

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3 Tal fu in terra Saturno, Ercole e Giove,
Bacco, Polluce, Osiri e poi Quirino,
Che con giustizia e virtüose prove,
E con soave e a tutti ugual domino
Fûr degni in Grecia, in India, in Roma, e dove
Corse lor fama, avere onor divino;
Che riputar non si potrían defunti,
Ma a più degno governo in cielo assunti,

4 Quando il signor è buono, i sudditi anco
Fa buoni; chè ognun imita[1] chi regge:
E s’alcun pur riman col vizio, manco
Lo mostra fuor, o in parte lo corregge.
O beati li regni a chi un uom franco
E sciolto da ogni colpa abbia a dar legge!
Così infelici sono[2] e miserandi,
Ove un ingiusto, ove un crudel comandi;

5 Che sempre accresca e più gravi la soma,
Come in Italia molti a’ giorni nostri,
De’ quali il biasmo in questo e in altro idioma
Faran sentir anco i futuri inchiostri;
Che migliori non son che Gaio a Roma,
O Neron fosse, o fosser gli altri mostri:[3]
Ma se ne tace, perchè è sempre meglio
Lasciar i vivi, e dir del tempo veglio.

6 E dir qual sotto Fallari Agrigento,
Qual fu sotto i Dionigi Siracusa,
Qual Tebe in man del suo tiran cruento;[4]
Dai quali e senza colpa e senza accusa
La gente ogni dì quasi a cento a cento
Era troncata,[5] o in lungo esiglio esclusa.
Ma nè senza martír sono essi ancora,
Chè al cor lor sta non minor pena ognora.

7 Sta lor la pena della qual si tacque
Il nome dianzi, e della qual dicea
Che nacque quando la brutt’Ira nacque,

  1. Come gl’Italiani proferiscono edúca ed éduca, così all’Ariosto piacque, per comodità del metro, rinnovare in questo verbo il suono usato dai Latini.
  2. Il Barotti legge: «infelici ancora.»
  3. Parrebbe da questo passo, che il concetto dei contemporanei intorno ai principi italiani dei tempi dell’Ariosto, foss’anche peggiore di quello che le storie ci tramandarono.
  4. Creonte, di cui anche nel c. XIX, st. 12 del Furioso. — (Barotti.)
  5. Altro esempio notabile. Vedi Furioso, c. III, st. 33.

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