< Pagina:Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu
Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta.

canto secondo. 33

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:62|3|0]]

Or divenuto era il Sospetto istesso;
E, come morte la ragion di prima
Avesse in lui, gli parea averla appresso.
Ma ritornando al mio parlar di prima,
Che per questo in oblio non l’avea messo;
Alcina se ne va dove sul tergo
D’un alto scoglio ha questo spirto albergo.

18 Lo scoglio ove ’l Sospetto fa soggiorno,
È dal mar alto da seicento braccia,
Di rovinose balze cinto intorno,
E da ogni canto di cader minaccia.
Il più stretto sentier che vada al Forno,
Là dove il Garfagnino il ferro caccia,[1]
La via Flaminia o l’Appia nomar voglio,
Verso quel che dal mar va in sullo scoglio.

19 Prima che giunghi alla suprema altezza,
Sette ponti ritrovi e sette porte:
Tutte hanno con lor guardie una fortezza;
La settima dell’altre è la più forte.
Là dentro, in grande affanno e in gran tristezza,
Chè gli par sempre a’ fianchi aver la morte,
Il Sospetto meschin sempre s’annida;
Nessun vuol seco e di nessun si fida.

20 Grida da’ merli e tien le guardie deste,
Nè mai riposa al sol nè al cielo oscuro;
E ferro sopra ferro e ferro veste:
Quanto più s’arma, è tanto men sicuro.
Muta ed accresce or quelle cose or queste
Alle porte, al serraglio, al fosso, al muro:
Per darne altrui, munizïon gli avanza;
E non gli par che mai n’abbia a bastanza.

21 Alcina, che sapea ch’indi il Sospetto
Nè a prieghi nè a minacce vorría uscire,
E trarnelo era forza al suo dispetto,
Tutto pensò ciò che potea seguire.
Avea seco arrecato a questo effetto
L’acqua del fiume che fa l’uom dormire,


[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.1-(1857).djvu{{padleft:62|3|0]]

  1. Dice che, al confronto di quel viottolo per cui si saliva allo scoglio abitato dal Sospetto, poteva darsi il nome di via Flaminia e di via Appia al più stretto e difficile sentieruolo che conduce al villaggio detto il Forno Volasco nella Garfagnana, nel quale a’ giorni dell’Ariosto il ferro cavato dai vicini monti, si separava ne’ forni della terra. — (Barotti.)
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.