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prologo. 121
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Forse saría non men ch’egli desideri
Che v’abbia da piacer la sua Cassaria.
Ma se questo non può far a suo utile,
Che non lo possa fare avete a credere
A vostro ancora: se potesse, dicovi
Da parte sua, che vel faría di grazia.[1]




ATTO PRIMO.



SCENA I.

NEBBIA, CORBO.


Nebbia.Io anderò: non vi bisogna prendere
Nè spada nè bastone per cacciarmene:
Tutti anderemo a un tratto, e sgombreremovi
La casa. Orsù, andiam tutti; lasciamolo
Solo, che possa levare o malmettere,[2]
Ciò che gli pare, e senza testimonii.
Corbo.La tua per certo, Nebbia, è una mirabile
Pazzía, che fra noi tutti che a un medesimo
Servizio siam, tu sol sempre contrario
Ai disiderii ti opponi di Erofilo.
E se stato ti sia di danno o d’utile
Sin qui, omai pur ti doveresti accorgere.
Col malanno, obbediscegli e compiacelo
Di ciò che vuole. Infatti è figliuol unico
Del padrone, ed abbiam sotto il dominio
Suo da servir molto più lungo termine,
Secondo il natural corso. A che diavolo
Cerchi restare in casa tu, volendoti
Egli mandar con noi fuor? perchè studi tu
Fartelo di nimico inimicissimo?
Nebbia.Se dal patron le commission strettissime


  1. Di grazia qui vale Gratuitamente, Gratis; e corrisponde al detto di sopra: «Senz’altro pagamento o altro premio.»
  2. Mandar a male, Dissipare; voce usata anche nell’att. 5, sc. 2. della Lena.
ariosto.Op. min. — 2. 11

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