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atto primo. — sc. ii, iii. | 127 |
Corisca. Perdere
Non vô la speme, ch’ancor non lo facciano.
Eulalia.Torniamo in casa: poichè essi non vogliono
Mostrarsi fuor, non è già convenevole,
Che andiam noi loro a picchiar l’uscio.
Corisca. Stiamoci,
Eulalia, un poco ancora: non dovrebbono
Tardar già però molto. Io sento muovere
Quella porta: saran dessi.
Eulalia. Sono.
Corisca. Eccoli.
SCENA III.
EROFILO, CARIDORO, EULALIA, CORISCA.
Erofilo.O Caridoro, tutti avranno prospero
Successo li disegni nostri, essendoci
Sì buono incontro, sì felice augurio
Venuto innanzi.
Caridoro. Queste sono, Erofilo,
Queste son le serene e salutifere
Stelle, che’l tempestoso e oscuro pelago
De’ pensier nostri all’apparire acchetano.
Eulalia.Noi dir cotesto a voi più veritevole-
mente[1] potremmo, che ben potreste essere
Il nostro buon incontro, il nostro augurio
Felice, e le serene e salutifere
Nostre stelle, se a quel che di fuor suonano
Le parole, gli effetti rispondessino.
Larghi promettitori alla presenzia
Voi siete. — Dammi qua la mano, Eulalia; —
Dammi, Corisca, qua la mano. — Diamovi
La mano; e l’uno dice: — Possa io essere
Tagliato in pezzi; — quell’altro: — Poss’ardere
Come le legna, s’io non fo che libera
Tu sii domani, anima mia. — Deh, miseri
Voi, se quei mali, a che, non osservando le
- ↑ Riponiamo qui la lezione che trovasi nella stampa del Giolito, sì perchè questa parola ci sembra più confacente al senso, e perchè l’addiettivo veritevole trovasi usato dal Castiglione. Vedi Muzzi, Nuovo Spoglio, e il Vocabolario del Manuzzi.