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atto secondo. — sc. ii, iii. | 141 |
Prima, e della partenza ragguagliandolo
Di costui, non saprei che far.
Caridoro. Or eccoli,
Per dio: vengono insieme amendue; vedili.
SCENA III.
VOLPINO, FULCIO, CARIDORO, EROFILO.
Volpino.Si potría, Fulcio, per salvar duo giovani
Amanti, e gastigar un avarissimo
E ribaldo ruffiano, ordire astuzia
Che fosse più di questa memorabile?
Fulcio.Volpin, per quella fede che grandissima
Ho nelle spalle, mi par che sia simile
Cotesta invenzïone alla carciofola,[1]
In cui durezza, spine e amaritudine
Molta più trovi, che bontade.
Volpino. Abbiamoci
Da confortar in questo, che venendoci
Pur mal, puniti non sarem per minimo
Fallo. A che peggio possiamo noi giugnere.
Che alle mazzate?
Fulcio. E chi può me’ ricevere
Di te, che ti ritrovi le più idonee
Spalle del mondo?
Volpino. Sol le tue le vincono,
Che stancherían le braccia di dieci uomini,
E cento mazze il giorno lograrebbono.
Caridoro.Par che vengan ridendo.
Erofilo. I pazzi ridono
Di poca cosa.
Volpino. Eccoli, che ci aspettano.
Caridoro.Pur mi giova sperar nella letizia
Che mostrano.
Erofilo. Gli è vana; chè di Lucramo
Non sanno, che si parta così subito.
Volpino.Dio vi salvi, patroni.
- ↑ Alla lombarda, per carciofolo. — (Molini.) — Il Barotti ci fe nota questa variante trovata in un manoscritto di quelli che furono in sue mani: «Mi par che sia simile Cotesta invenzione a un campo fertile Mal lavorato, che non minor copia Ha di mal erba che di buona.»