< Pagina:Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta.
146 la cassaria.

[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:156|3|0]]

Nostri, mi disporrei forse più facile-
mente di porli a rischio. Saríen forbici
Da tosar noi coteste, e non la pecora
Che detto m’hai.
Volpino.                              Mi stimi tu sì, Erofilo,
Di poco ingegno, ch’io volessi perdere
Cosa di tanto prezzo, e apparecchiatomi
Non abbia come riaverla subito?
Lásciane a me la cura: io sto a pericolo
Più di te. Quando i miei disegni avessino
Mal esito, di che poco mi dubito,
Tu non ne sentiresti altra molestia
Che di parole; io tormenti gravissimi
Nella persona, o mi farebbe in carcere
Morir di fame.
Erofilo.                          E che via c’è, ponendola
In mano di costui, poi di levargliela,
Se li denari prima non appajono;
Delli quali sai ben ch’abbiam penuria?
Ma se pria che i filati si riabbiano,
Torna mio padre; o se ’l ruffian, partendosi
Questa notte (chè qui tutto è il pericolo),
Se gli porta con lui; dimmi, a che termine
Ci ritroviamo?
Volpino.                          S’averai pazienzia
D’udirmi, troverai che buono ed ottimo
Disegno è il mio; e che c’è modo facile
Che questa notte ancora si riabbiano.
Erofilo.Orsù, t’ascolto: di’.
Volpino.                                  Tosto che data la
Cassa abbia il nostro mercatante a Lucramo,
E che posta in sua[1] man abbia la giovane,
Voglio che al capitano di giustizia,
Al padre di costui, tu vada e faccigli
Querela, che di casa tua rubatati
Sia stata questa cassa, e che t’immagini
Che sia stato un ruffiano il quale t’abita
Vicino.
Erofilo.            Intendo.
Volpino.                          Egli è cosa credibile,


  1. Ediz. Giol.: in tua.
Questa voce è stata pubblicata da Wikisource. Il testo è rilasciato in base alla licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo. Potrebbero essere applicate clausole aggiuntive per i file multimediali.