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150 | la cassaria. |
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SCENA V.
BRUSCO.
Per dio, son quasi in pensier di tornarmene
All’albergo, e lasciar qui questa bestia
Senza me, che vuol far altrui servizio
Con mia fatica, e vorrà guadagnarsene
Uno duoi scudi. Io so che senza premio
Non ci saría sì pronto e sì sollicito,
E non vorrà però ch’io ne participi.
E per quel ch’io comprendo, giuntar vogliono
Non so chi: la qual cosa discoprendosi,
Sarò non men riputato colpevole
Di lui, e serò a parte, se ci mettono
Le mani addosso, con lui del supplicio;
E forse più che a parte, perchè perdere
Posso più di lui molto. Egli salvandosi
La persona, esce fuor d’ogni pericolo:
Io non così, chè li buoi non si salvano,
Salvandomi io. Il patron rivalersene
Vorrà sopra di me, c’ho vacche e pecore
E capre e porci, e tante masserizie,
Che cento lire non le comprarebbono.
Deh, gli è meglio ch’io torni. Ah no, che avendoli
Promesso, come io gli ho, e non attenendogli,
Fo male, e gli do causa di sempre essermi
Nimico; e so che in mille modi nuocere
Mi potría col patrone, e noceríami,
Ch’egli ha una lingua che potrebbe radere,
Così ben taglia; e il padron gli dà credito:
Come fan quasi tutti, che più ascoltano
Volentier questi che mal riferiscono,
Che quei che bene. Benchè quei che dicono
Bene, son così pochi che li numeri
Col naso;[1] ma quest’altri che rapportano
Male, sono infiniti: ed è una regola
Generale, a chi vuole entrare in grazia
- ↑ Contare (qui numerare, per comodo del verso) col naso, detto di cose di cui sia grande la rarità, è modo universalmente usato in Italia, e non accolto nei Vocabolari.