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atto terzo. — sc. viii. | 165 |
Avuta e tolta di casa, e menavola.
Erofilo.Oimè!
Trappola. Come fui qui, da più di quindici
Persone, che tutte a ferro lucevano...
Erofilo.Vedi, se ci[1] sarà inframmesso il diavolo!
Trappola.Fui circondato, che a doppio sonandomi,[2]
M’han tutto pesto, e levato la femmina.
Erofilo.Te l’hanno tolta?
Trappola. A tre colpi mi stesono
In terra tramortito, e me ne diedero
Cento e cent’altri appresso: alfin, credendosi
D’avermi morto, mi lasciaro.
Erofilo. Ed hannosi
Menata Eulalia?
Trappola. Nol so dir, ma credolo;
Ch’al levar ch’io mi feci...
Volpino. Consegnasti la
Cassa al ruffian?
Erofilo. Lascialo a me rispondere,
Che importa più.
Volpino. Pur importa più intendere
Della cassa, chè sei chiaro che toltagli
La giovane hanno.
Erofilo. Che cesso io lor correre
Dietro?
Trappola. La cassa ho consegnato a Lucramo.
Volpino.Ove ir vuoi tu? che pensi tu far?
Erofilo. Vogliola
O riavere o morire.
Volpino. Non correre
In tanta fretta, Erofilo: ricordati
Che noi siamo in pericolo di perdere
La cassa: attendi a quella, e poi...
Erofilo. Che attendere?
Che cassa? Più m’importa la mia Eulalia,
Che quanta roba è al mondo. Ove ti pensi tu
Ch’abbian presa la via?
Trappola. Di qua mi parveno
Andar.