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8 | la cassaria. |
[[Categoria:Pagine che usano RigaIntestazione|Ariosto-Op.minori.2-(1857).djvu{{padleft:18|3|0]]averne tanto desiderio lo conosce, e che sa che del più ricco uomo di Metellino è figliuolo, gli dimanda cento di quel che forse a un altro lasserebbe per dieci.
Gianda. Quanto ne dimanda?
Nebbia. Non so; so ben che ne dimanda gran prezzo; ed è tanto, che frustando[1] Erofilo tutti gli amici che ha, non ne potrebbe trovare la metade.
Gianda. Che potrà fare dunque?
Nebbia. Che potrà fare? danno grandissimo a suo padre, e similmente a sè medesimo. Credo che abbia adocchiato di saccheggiare il grano, che dui anni e tre s’ha riserbato infin a questo giorno il vecchio; o sete o lane o altre cose, di che la casa è piena, come tu sai. Suo consigliere e guida è quel ladro di Volpino. Hanno lungamente questa occasione attesa, che il vecchio sia partito, come ha fatto oggi, per andare a Negroponte. E perchè non si vegghino le lor trame, non mi vogliono in casa: mi mandano ora a trovare Filostrato, acciò che mi tenga in opera, nè ritornar ci lassi fin che non abbino essi il lor disegno fornito.
Gianda. Che diavol n’hai tu a pigliarti sì gran cura, se ben vôtassi la casa? Egli, del rimanente, sarà erede, e non tu, bestia.
Nebbia. Una bestia sei tu, Gianda, che non hai più discorso che d’un bue. Se Crisobolo ritorna, che fia di me? Non sai tu che, partendo questa mattina, mi consegnò tutte le chiavi di casa, e comandòmmi, quanto avevo la vita cara, non le déssi a persona, e men di tutti gli altri a suo figliuolo; nè, per faccenda che potesse accadere, mettessi mai fuor di quella porta piedi? Or vedi come gli ho bene obbedito! non credo che fussi ancor fuor della porta, che volse le chiavi Erofilo, dicendomi voler cercare d’un suo corno da caccia che aveva smarrito; e così mal mio grado l’ebbe, e forse tu vi ti[2] trovasti.
Gianda. Non mi vi trovai già, ma ben sentî fin colà dove ero il suono di gran bastonate, che da dieci in su toccasti, prima che dargliene volessi.
- ↑ Frustare, per Andar cercando, rovistando e simili, è nell’uso forse della provincia in cui visse l’Ariosto, certo delle convicine. Non fu ignoto questo significato agli antichi Toscani, se ingenua è la lezione dell’esempio del Tes. Brun. addotto dalla Crusca. I Romani dicono, coll’espressione medesima, Scopare.
- ↑ Ti manca nell’edizione del Zoppino e in altre antiche.