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Caridoro.     E tu, Corisca, abbi la medesima fede; chè poco poco ci manca per venire a buona conclusione.

Eulalia.     Or non più, chè non ci sopraggiugnesse Lucrano.

Erofilo.     Non passerà dui[1] dì, che mi potrai star secura in braccio.

Eulalia.     Ed io viverò in questa speranza.

Corisca.     Ed io ancora, neh?

Caridoro.     Non si studia al ben dell’una senza quel dell’altra. Restate di buona voglia: addio.

Corisca.     Addio.

Erofilo.     Addio, radice del mio cuore.

Eulalia.     Addio, vita mia.


SCENA V.

EROFILO, CARIDORO giovani.


Erofilo.     Ch’io non li dimostri l’amore ch’io li porto? ch’io patisca che stia più in servitù? Non bisogna che vadi più in lungo questa trama. Se non viene oggi Volpino a qualche effetto buono, non starò più a tante soje,[2] con che da mattina e sera, d’oggi in dimane, già più d’un mese m’ha girato il capo, or promettendomi di trar di mano a mio padre il danaro da comprarla, or di gittare addosso a questo Albanese ladro una rete da non potersene, se non mi lassa la giovane, sviluppar già mai. Ch’io stia più alle sue ciance? non starò, per dio. Quando non potrò venire secretamente al mio disegno, ci verrò alla scoperta: nè chiavi nè chiodi mi potranno serrare cosa ch’io sappia che sia per il mio bisogno. Sarei bene a peggior termini che Tantalo, s’in[3] mezzo l’acqua mi lasciassi strugger di sete. Ho in casa panni, sete, lane, drappi d’oro e d’argento, vini e grani da fare in una ora quanti danari io voglio; e sarò sì pusillanimo e vile, che non vorrò satisfare per un tratto al desiderio mio?

Caridoro.     Deh fussi pur io nel tuo grado, che avessi mio padre assente, che non anderei, per dio, cercando altro mezzo che me stesso per satisfarmi! Dui giorni soli che si levassi da Metellino, mi basterieno per cento: netterei sì bene il grana-


  1. Ant. stamp.: doi.
  2. Qui per Lusinghe.
  3. Ant. stamp.: si in.
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